È un periodo strano, in cui la pazienza mi viene meno continuamente. Ma non nei confronti della dodicenne, che pure a tratti mi mette alla prova (del resto è il suo lavoro). No, sono io che esaspero me stessa. Un amico ieri mi spiegava che devo darmi tempo, che forse inizio a metabolizzare solo ora i cambiamenti dell’ultimo anno. Ha ragione, o almeno dice cose assai ragionevoli.
Ma è così? Questa sensazione di terreno instabile sotto i piedi, la continua altalena di emozioni che non mi abbandona quasi mai, è davvero un’ondata temporanea, che si riassorbirà sotto i miei occhi? Io ho piuttosto la sensazione che il bello e il terribile dei cambiamenti è che non si torna più quelli di prima.
Esito. E più esito più ho motivo di essere esitante. Mi distraggo in vari modi, ma appena smetto di applicarmi il pensiero scivola di nuovo in quelle due piccole voragini ormai familiari, che hanno le pareti smussate per tutte le volte che ci casco dentro, tipo il piede della statua di S. Pietro consunto di devozione.