Certe volte vivendo a Roma ci si sente come l’asino di Buridano: lo scorso weekend era talmente pieno di cose da fare con Meryem che la scelta è stata dura. C’erano i musei comunali aperti gratuitamente (ma quelli ci saranno ogni prima domenica del mese), c’erano attività favolose all’Hortus Urbi (che ci viene un po’ scomodo da raggiungere, ma merita sempre)… ma alla fine abbiamo scelto la compagnia di un compagno di Meryem e della sua famiglia e abbiamo optato per due attività congiunte.
Sabato siamo andati alla Maker Faire. La meraviglia. Un universo di idee interessanti, molte delle quali per me assolutamente incomprensibili, ma comunque travolgenti. All’ingresso nel tendono di plastica delle attività per bambini, tra caldo e folla stavo per avere un cedimento strutturale. Ma poi ci siamo trovati con i nostri amici e tutto è stato più semplice. I bambini erano incantati da tutto: razzi che si lanciavano saltando sopra bottiglie di Coca Cola, ragni robot, bolle di sapone telecomandate, cannocchiali di carta. A Meryem è rimasto nel cuore il primo stand dove si è fermata (e infatti ha voluto ritornarci con gli amichetti): si trattava di un circuito elettrico che permetteva, poggiando una mano su della plastilina, di suonare con l’altra mano delle listelle metalliche che producevano suoni come tasti di pianoforte (visualizzati su schermo). L’ho spiegato malissimo, ma il vero colpo di scena per Meryem è stato scoprire che il gioco funzionava anche se la mano sulla plastilina la metteva lei e il suo compagno suonava i tasti, a condizione che si dessero la mano. “Capisci, mamma? La corrente elettrica passa piano piano attraverso di noi e arriva da qui a lì!!!!”.

Tanto di cappello all’organizzazione. I bambini potevano partecipare a percorsi gratuiti in piccoli gruppi, facendo esperimenti a loro misura per un’ora e mezza. La folla c’era, ma gli spazi erano immensi, tutti attrezzati e interessanti. In cinque ore sono rimasta con l’impressione di avere a mala pena sbirciato qualcosa. Ma complessivamente l’esperienza resta straordinaria.
Il giorno dopo ci eravamo invece iscritti all’OVS Kids Active Camp, attività per bambini all’aperto nella splendida cornice, come si usa dire, dei Fori Imperiali. In questo caso l’impressione è stata purtroppo ben diversa. In primo luogo, gli spazi erano incredibilmente angusti in considerazione dell’afflusso che si prevedeva (le iscrizioni, a numero chiuso, si facevano online). Pochi campi, pochi animatori ben presto stremati dalla ressa e dal caldo, nessuna organizzazione delle attività per fasce d’età (cosa che si sarebbe tranquillamente potuta fare, visto che l’iscrizione prevedeva l’indicazione dell’anno di nascita e persino un’opzione per una delle attività: opzione peraltro assolutamente inutile, visto che poi l’iscrizione dava accesso a tutte le attività indistinatamente). Le file per qualunque sport erano spropositate e il nervosismo di bambini, adulti e organizzatori era palpabile. Persino transitare tra i campi era una sfida, visti gli spazi strettissimi.
La comparsata dei campioni dello sport è stato un privilegio per pochi eletti. Gli altri si sono dovuti accontentare di un paio di interviste stiracchiate al microfono: l’unico aspetto positivo è che la musica, assurdamente martellante, si è interrotta per pochi minuti. C’è voluto tutto il mio amore materno per non darmela a gambe in cinque minuti.
Perché Meryem è riuscita anche a divertirsi. Ha giocato a palla bloccata (gioco che si conferma il più noioso della storia, ma questa è solo la mia personale opinione) sotto l’Altare della Patria, è stata con il suo amico ad aspettare pazientemente il suo turno sotto il sole cocente, ha sopportato una fila per l’arrampicata durata un tempo che ci avrebbe consentito di fare un salto sul Gran Sasso.

Finalmente è arrivata al suo turno alla parete e, con una certa scioltezza, è arrivata fino in cima. Quando tornavamo a casa in tram, la sera, io ero decisamente oltre il mio limite fisico di sopportazione. Temo di aver sibilato tra i denti: “Ho odiato ogni minuto di questa giornata del cavolo!”. E Meryem, prontissima, con l’occhio lucido: “Anche quando ho suonato la campanella?”. No, maledizione: quando sei arrivata in cima a quella parete, nonostante i tuoi timori iniziali, e hai dimostrato in primo luogo a te stessa che ce l’avevi fatta a raggiungere il traguardo, è stato bellissimo guardarti, Guerrigliera. Un istante meraviglioso in cui i tuoi occhi hanno brillato di orgoglio. Errata corrige: ho odiato QUASI tutti i minuti della giornata del cavolo in questione. Quello no. E neppure quelli in cui mi è parso evidente che tu, nonostante tutto, ti sei divertita. Resto però convinta che tu e gli altri bambini meritiate molto di più di questa organizzazione approssimativa e superficiale.

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