Un post telegrafico per condividere emozioni contraddittorie.
I rifugiati in Europa, in Italia, sono IL tema. L’accoglienza diffusa, da quando ne ha parlato il Papa domenica scorsa, anche di più. Improvvisamente, sempre più, chi mi conosce fa due più due. “Ah, ma tu eri quella che…”. Sì, ero quella che parlava di rifugiati, ne parla ancora e spera che se ne continui a parlare quando sarà passata questa ubriacatura collettiva. Che è una sbornia bella, gioiosa, in cui tutti noi cerchiamo di esorcizzare le amarezze e le paure del futuro. Godiamocela tutta, questa sbornia di abbracci, canti di Inni alla Gioia, parole alte e solenni che parlano di Europa e di memoria.
Però questa bella energia, questa pianta di sguardo alternativo che pare farsi strada contro ogni previsione, per attecchire deve saldarsi con un pensiero. Le esperienze sono belle, ma vanno lette e rilette. Il cambiamento va costruito, altrimenti domani è già finito.
Ancora una volta mi trovo divisa tra due sentimenti. Se penso per quanti anni queste cose che accadevano (belle, brutte, cruciali, drammatiche, significative) sono state un racconto tra pochi e per pochi, da mettere nella rubrica “Solidarietà” forse una volta al mese che poi il lettore si stufa, oggi non credo ai miei occhi e alle mie orecchie. La questione rifugiati stamattina è stata definita a Strasburgo “prima di tutto una questione di umanità e dignità umana. E per l’Europa anche una questione di giustizia storica”. Nessuno di noi ci avrebbe mai scommesso, anche se questo è vero da anni.
Però poi mi rendo conto che oggi che tanti parlano e anzi si aggiudicano primati, della complessità e della portata vera della questione capiscono pochissimo. Vabbè, direte voi, pazienza. L’importante è che se ne parli.
Sì e no. L’importante è che ci si renda conto. E l’emotività non basta, anche se è un motore potente. Serve anche l’umiltà, l’intelligenza, la pazienza, la purezza delle intenzioni.
Mi fermo qui, per oggi. Mi fermo dicendovi che davvero vorrei contribuire di più e meglio a questa ondata di cambiamento straordinaria. Vorrei dire che mai come adesso bisogna chiamare a raccolta tutte le risorse che abbiamo, materiali, umane, intellettuali, di memoria e di creatività. Vorrei capire come.