Quando mi sentite sospirare/inveire sui social rispetto al fatto che le norme e prassi sui rifugiati stanno cambiano a un ritmo forsennato e oggettivamente diffiile da seguire anche per il solito manipolo di addetto ai lavori, mi riferisco ad esempio a perle come quella del titolo.
La Commissione Europea ha appena sfornato un nuovo pacchetto in materia di rimpatri e respingimenti in frontiera, con calorosi consigli per gli Stati membri (specie quelli, come il nostro, maggiormente interessati da arrivi di migranti forzati) a non andare troppo per il sottile. I minori non accompagnati si possono rimpatriare e per farlo bisogna accertarsi che non scappino, quindi sarebbe meglio metterli in un centro di detenzione. Certo, lo stato ha pur sempre l’opzione di concedere un permesso di soggiorno al minore e “rimandare il rimpatrio” (il documento descrive la cosa esattamente in questi termini). Ma tutto va deciso rapidamente “nel superiore interesse del minore”. E se l’opinione di chi giudica è che il bambino starebbe meglio a casa sua, via, si procede. La detenzione è per il suo bene.
Tanto per la cronaca, non sono solo io a essere preoccupata.
Chiudo dicendo che se in qualche modo ci siamo assefatti (male!) alle peggiori violazioni possibili nei confronti di migranti adulti (e tanto più se uomini… alla faccia delle pari opportunità), almeno fino a qualche tempo fa c’era una paternalistica e ipocrita remora (ma pur sempre una remora) a rimuovere bambini soli dal nostro territorio come se si trattasse di auto in sosta vietata, rigettandoli nel nulla di violenza e di abbandono da cui certamente provengono. La Gran Bretagna ha aperto una pista nell’esplicita chiusura dei confini ai minori non accompagnati (ma tanti Stati, Italia inclusa, respingevano da anni senza mettere manifesti appena ne avevano l’occasione).
Le parole contano, però. Il linguaggio degli ultimi documenti della Commissione Europea (ma anche del memorandum tra Italia e Libia) dice tutto della barbarie che stiamo lasciando agire senza sostanziali obiezioni. Quello è diventato il nostro linguaggio e il nostro pensiero di europei. Ci pensate?
P.S. La vignetta, come quasi sempre in questi casi, è di Mauro Biani