Tutte le volte che mi sottopongo a un concorso universitario, a prescindere dal risultato (che questa volta non so neanche, pur immaginandomelo), resto sinceramente stupita dall’intensità dell’esperienza umana che si porta dietro. Probabilmente è l’età, che mi fa vedere di più le sfumature che da giovane, andando come un treno, non perdevo tempo a cogliere. Forse questo senso di comune disincanto, che accomuna chi si trova a vivere esperienze anacronistiche per obiettivi fuori tempo massimo, in questo paese in cui all’università alla fine si entra per sfinimento, più che altro. Ma sono contenta, oggi, della serenità che ci siamo costruiti tra noi candidati, nonostante nessuno (specialmente nei giorni precedenti) si fosse particolarmente divertito. Credo che ci piacerebbe fare parte tutti di un gruppo di lavoro serio, ciascuno con le sue competenze, inclinazioni e esperienze e poterne parlare, trarne reciproco vantaggio e produrre progetti costruttivi, non ultimo portando avanti una didattica degna di questo nome. Nota bene: non eravamo 800, eravamo solo 7. In un paese normale non sarebbe così impensabile che ciò avvenisse. Mi ha commosso anche, nei giorni scorsi, l’affetto dimostratomi da persone conosciute molto tempo fa, con cui non intrattengo rapporti o corrispondenze regolari. E’ bello pensare che, nonostante il mio proverbiale caratteraccio, ho lasciato un ricordo positivo in chi mi ha incrociato. Oggi, sbaciucchiandomi la Guerrigliera, ho pensato che sono fortunata.