Non è la prima volta che sul web 2.0 mi trovo a tessere le lodi del Bar della Pigna, aka “bar degli energumeni” (la definizione, della cui origine si sono perse le tracce, è entrata nell’uso alla Fondazione Astalli più o meno contemporaneamente a quella di “Batcaverna” che definisce la stanza adibita a magazzino). Ma in questi quasi dieci anni di frequentazione praticamente quotidiana questo posto è diventato parte imprescindibile della mia personale geografia di Roma, oltre che piccola succursale di casa. Ora che si è anche dotato di un gruppo Facebook, l’affetto ruvido riservato ai clienti si può propagare libero nella rete, senza perdere una virgola della sua genuinità. “Oggi vi siete scordati un cappellino e un trench, di chi sono?”. Commento: “io me sò scordato 100 euro…..o erano 200?”. “Vi scordate di tutto e di più! Oggi, una sciarpa, un giubetto da scooter con le chiavi e un paio di occhiali da vista! I proprietari del giubetto e della sciarpa si sono fatti vivi. Gli occhiali da vista di chi sono?”. Commento: “scusa non riesco a leggere il tuo post, mi sono scordato gli occhiali da qualche parte… che c’é scritto’??”. Insomma, in questo bar ci si diverte non poco.
Oggi, seduta davanti a una pasta e ceci bollente e ben pepata, immaginavo un ideale podio dei motivi per cui non cambierei questo posto con nessun altro, per le mie rapide pause pranzo.
1. Cucina casalinga. Ma non si tratta solo di cosa si mangia, che pure è buono e relativamente vario (con occasionali punte di sublime). Io ho ritrovato la spartizione del cibo della famiglia numerosa, dove l’ultima porzione si becca anche tutto il sughetto della pentola, dove se ti va un po’ e un po’ si può sempre fare, dove qualche coraggioso chiede e ottiene le mezze porzioni ma, soprattutto, chi serve un po’ pensa a te e ai tuoi gusti. “Ti ho lasciato la lasagna coi broccoli, ti piace, vero?”. “Avrei scommesso che prendevi la zuppa, oggi”. Quando ripiego su pizzetta o panino, colgo un lampo di dispiacere al di là del bancone.
2. Socializzazione. Nelle ore di punta, oltre all’universale fenomeno dell’avvoltoiaggio del tavolino (tecnica che consiste nello scrutare torvo l’avventore che sta deglutendo gli ultimi bocconi, per indurlo a levare le tende il prima possibile), si pratica anche la condivisione guidata degli spazi. Catia, dall’alto della sua postazione, dirige il traffico. “X, mi ospiti Y?”. E si vince un ospite al tavolo, oppure si diventa tali, con grande disinvoltura. Ho fatto incontri interessanti con questo sistema: bibliotecari, restauratori, esperti di cooperazione internazionale, professori di ingegneria. Certe volte credo che ci sia anche una regia nelle proposte di aggregazione. Ma poi mi dico che questo è francamente eccessivo, nel casino delle 13:30.
3. Colonna sonora. Non so che stazione sia, ma la radio trasmette quasi esclusivamente grandi successi del passato. Ce la si gode di più a colazione, o all’ora dell’aperitivo. Ma stare lì seduti, con il cappuccino e “La donna cannone” in sottofondo… sono piccoli piaceri complementari.
E non dimentichiamo poi che qui si sta sempre al passo con le notizie di attualità e, anzi, le si interpreta con tutta l’auspicabile creatività.
incredibile come riesci a scrivere anche su un semplice bar!!! 🙂
Che salto nel passato!!! Io mi rifugiavo lì quando decidevo che non mi andava di andare a scuola…(sono passati quasi 25 anni) 🙂