Piove. La pista di pattinaggio è bagnata. Così decade l’ultimo baluardo che avevo eretto per declinare inviti a merende in stile “dolcetto o scherzetto” (“Sai, preferisco che non salti lo sport, ora che si va verso l’inverno…”). Non ho simpatia per Halloween. Tuttavia ci siamo dentro, la scuola di Meryem pullula di zucche di cartapesta e improbabili pipisterelli cosparsi di porporina. Stamattina, con l’arte dell’improvvisazione che caratterizza le madri sgarrupate, ho estratto dall’armadio una specie di mantello nero spiegazzato, ricavato l’anno scorso da una mia gonna a ruota. Il cappello non c’era, ma ho convinto Meryem che sarebbe stata una favolosa strega anche così. Ho rincarato la dose con un pipistrello disegnato sulla guancia e una passata di colore blu sulle labbra.
Per carità, non è che le rivisitazioni della festa in chiave cristiana fondamentalista (“travestitevi da santi”) mi stiano più simpatiche di streghe, vampiri e zombie. Se possibile mi fanno ancora più orrore. Sapete cosa mi manca, in questa festa? I morti. Quelli veri. Le memorie, il legame misterioso e anche un po’ pagano. Oggi, quando ho letto questo bel post di Veronica sono riuscita a mettere meglio a fuoco il fastidio che provo.
Secondo me non sarebbe affatto male rispolverare le molte tradizioni italiane della festa dei morti. Ricordo un bellissimo libretto comprato a Napoli, che illustrava le usanze locali, centrate sul concetto di nutrire i defunti. Ma anche e soprattutto questo bel volume, da cui si può scoprire e imparare moltissimo. Credo che sarebbe molto istruttivo, per i nostri bambini, ritornare al contenuto originario, ormai talmente trasfigurato da risultare irriconoscibile. Questa festa di passaggio in cui i morti tornano a visitare i vivi, o almeno i vivi vanno a visitare i morti, racconta di un senso di continuità tra passato e futuro. Accostare i più piccoli al mistero della morte, anche attraverso colori e sapori, era un’usanza piena di saggezza. La paura, inevitabile, si imparava a gestirla, a esorcizzarla di persona e collettivamente. Magari anche il dolore e la malinconia. Tutti questi valori educativi vengono meno, se ricorriamo direttamente al vampiro di gomma e al sangue finto. E poi ci troviamo in grandissima difficoltà davanti al primo funerale. Mi pare che per molti genitori la morte provochi più imbarazzo del sesso. Non è un argomento facile, evidentemente. Ma una festa istituzionalizzata dava una bella cornice, poetica, consolatoria e persino gioiosa, in cui affrontare, implicitamente o esplicitamente l’argomento.
Ho paura che cercare di riportare i morti veri nella festa sia una battaglia persa, purtroppo. Di questi tempi temo non siano molte le persone convinte del valore di una tradizione “paganeggiante” (più facile infatti è vedere parrocchie e oratori tentare di contrastare la tendenza con anatemi vari o con gli artifici di dubbio gusto a cui si faceva riferimento prima). Peccato. Però non posso che condividere la speranza di Veronica: “Ma sì, arriverà poi il giorno in cui ce ne andremo tutti insieme nella nebbia della Bassa, a mangiarci un piatto di cappelletti fumanti”. O il torrone dei morti a Napoli. O qualunque altra squisita ricetta si adatti ai luoghi stupendi di cui è ancora pieno questo nostro Paese bistrattato.
P.S. Se a qualcuno va di raccontare tradizioni a riguardo che ha vissuto o che conosce, mi fa molto piacere.
Vediamo se riesco a spiegarmi: sono d’accordo. Concordo in pieno con l’idea di celebrare i morti, permettere ai bambini di conoscere il significato della parola, inserire questo passaggio di consegne in una festa istituzionalizzata . D’altro canto ricordo che quando ero piccola non esisteva da noi halloween, accompagnavo mamma in paese alla messa del cimitero e entrambe assistevamo depresse alla sfilata delle pellicce e dei gioielloni. Era l’occasione per pensare ai morti, ma tutti erano in costume lo stesso… Abbiamo continuato però a fare le caldarroste nel cortile della nonna, celebrando il compleanno del nonno che cadeva il 31 ottobre, anche quando poi lui non c’era più. Questo monologo per dire che halloween non c’entra secondo me, il vero significato della festa dei morti è quello che ogni famiglia vuole dargli. La festa istituzionalizzata è il 2 novembre, c’è tempo per far passare la follia e gli scherzi di halloween, ricomporsi e raccontare celebrare l’italica festa dedicata ai morti, che ne pensi?
Commemorare i nostri cari defunti è un rispetto che dobbiamo a chi in un giorno lontanto o appena
passato era tra di noi a donarci il proprio affetto.
Il due novembre (ma non solo) mi appresto a far visita ai miei cari nella loro ulitima dimora e mi intrattengo con piacere nel loro ricordo.
Un sorriso quasi festivo
Mistral di Ombreflessuose
in puglia, il grano “dei morti”: grano, melograno che dà la preziosità cristallina e il colore, vin cotto, noci e mandorle.
sono dovuta arrivare il Nord Africa per imparare che nelle cerimonie in cui si “aprono i mondi di sotto e di sopra” il cibo che si offre ai morti è orzo macinato e tostato, mandorle, noci, e incenso, l’incenso nero” .
Chiara, con questi sapori e con tanti altri ricordi di me bambina che dai morti riceveva noci e mandarini, nella notte del 31, non posso che essere d’accordo con te. Molto. Molto .
ciao, rosaria
Matilde stamattina, virgolettando con le manine, mi chiede se domani è come se fosse “il compleanno del nonno” morto ormai tanti anni fa!
Cara Chiara ti ringrazio per questa tua riflessione non sono una madre e quindi non vivo questo impatto diretto con Halloween ma ne sopporto anche io male le manifestazioni che vedo. E tu con il tuo scritto hai interpretato il mio sentire. La morte non è argomento facile ma va affrontata con leggerezza perché è inevitabilmente parte della vita e allora ricordiamoli i nostri morti sia quelli privati che quelli pubblici a cui è legato un ricordo (dolce o salato che sia). Io in questo giorno ricordo il sorriso ironico e divertito di mio padre che faceva la solita rassicurante battuta “oggi ricorrono i morti. Speriamo che vinca nonno!! Ricordo le passeggiate al cimitero monumentale di Roma (il verano) dove abbiamo la tomba e i racconti di mia nonna, mio padre e mia madre sui personaggi (famosi e meno) di cui visitavamo le tombe. Mio fratello che aveva un approccio da “esproprio proletario” ai fiori del cimitero e quindi toglieva i fiori da alcune tombe che secondo lui erano troppi per metterli su quelle che erano in stato di abbandono. Ricordo mia zia che mi ha fatto il regalo di portarmi al funerale di Anna Magnani che ancora ricordo con emozione (essendomi emozionata della commozione che vedevo nelle facce di tanta gente……) ricordo i funerali di Enrico Berlinguer, ricordo la frase che alcuni romanisti scrissero a caratteri cubitali sul muro del cimitero flaminio quando la Roma vinse lo scudetto “che ve siete persi!!” …. e il due novembre andrò al cimitero sgranocchiando quei dolcissimi dolcetti che si chiamano le fave dei morti e mi lascerò andare ai ricordi e se mi viene alle lacrime perchè anche queste fanno parte della festa!
alla prossima
Barbara
Dal mio punto di vista, Halloween è proprio un’altra cosa rispetto a una festa dei morti: è una festa in cui si esorcizzano le paure, in cui i bambini si travestono da esseri spaventosi perché durante il resto dell’anno non fanno paura a nessuno. Sulla festa dei morti la penso come per la festa della donna: i miei morti sono con me ogni giorno, non mi serve una festa per celebrarli. Mia nonna la celebro ogni volta che sbavo su una bella stoffa, mio nonno ogni volta che mio figlio se ne viene fuori con una bugia spudorata e io riconosco l’impronta genetica.
E la morte da noi non è un tabù: avvoja veder bestie morte, anche in condizioni non proprio ideali. I miei figli sanno benissimo che prima o poi faremo tutti la stessa fine, non sarebbe stato neanche possibile indorargli la pillola.
Certo, se qualcuno gentilmente avesse voglia di passare anche da me con un vassoio di ussin di mort (ossicini dei morti), non piangerei, eh… 😉
Detto ciò ci sono morti che non vado mai a trovare. Come la mia nonna preferita. Il suo cimitero è così squallido che preferisco ignorarlo. Non per questo ho bisogno della festa per ricordare lei e mio suocero, a cui parlo quasi tutti i giorni 🙂
Anche io concordo sul fatto che Halloween non sia la stessa cosa.
Concordo pienamente col fatto che i bambini vanno avvicinati al mistero della morte, come rito di passaggio (non certo una cosa stile “ricordati che devi morire”) poichè fa parte integrante del ciclo naturale della vita, che inevitabilmente ci riguarda tutti e che oggi, più che mai, vuole essere nascosto.
I miei genitori non si sono fatti tanti problemi con me da piccola (avevamo una fattoria e gli animali morti erano all’ordine del giorno) e, seppur con maggior delicatezza, cerco di fare lo stesso con mio figlio.
Il 2 novembre non amo particolarmente andare per cimiteri, proprio perchè preferisco andarci quando è tutto più tranquillo (quindi gli altri 364 giorni), i miei morti mi sono comunque vicini, la celebrazione però è sacrosanta.
Anna
@Chiara e le altre che sentono i loro morti vicini tutti i giorni: certo, ma questa è una cosa strettamente privata, da condividere al massimo con i propri stretti familiari. Io pensavo piuttosto a quell’approccio comunitario alla morte che fa sì, ad esempio, che al sud si usi ancora portare da mangiare nella casa dove c’è stato un lutto (e, avendolo vissuto, non mi levo dalla testa che oltre all’indubbia solidarietà pratica che esonera la famiglia dolente dalle incombenze quotidiane ci sia anche una componente di “offerta” per il defunto). Che Halloween e il 2 novembre siano due cose diverse, beh, in un certo senso è vero. Ma antropologicamente direi di no: morti, santi, spiriti… E’ tutto un gran passaggio, le etichette precise sono venute poi. Secondo me.
Infatti, il 2 novembre, ma anche il primo che è festa, per noi con i cimiteri lontani, ci vai anche per incontrare gente che incontri solo al cimitero.
No beh, ovvio che la festa ha la stessa radice. E ci sta che, tra le cose che fanno paura, sotto sotto ci sia sempre e solo la morte. Ma non voglio che si confonda la Morte con i morti: quelli non devono fare paura. È per questo che li stacco da questo tipo di celebrazione.
L’aspetto comunitario della morte qui al Nord s’è perso da un sacco. A me per esempio farebbe piacere che, morta io, qualcuno portasse un po’ di cibo a chi resta a piangermi (e ci sta anche l’offerta al morto, che ne so io di cosa mi farà piacere da morta? Io penso di evaporare nel nulla, ma chissà). Se mai c’è stato un aspetto comunitario, qui al Nord (anzi, dovrei dire in Lombardia, perché per esempio già il Piemonte è un mondo diverso): per come siamo fatti, quando soffriamo preferiremmo farlo per conto nostro. Per dire: io ho sempre considerato un’inutile spreco anche il funerale e tutti i riti che gli girano intorno, cristiani o civili. Non a caso mi scorre nelle vene un po’ di sangue ligure 😉
mmm…non so se rispondere essendo un “fondamentalista cristiano” 😀 Spero di restare nel tono colloquiale che avete usato: la mia ragazza dice che quando parlo ad un certo punto spunta la musichetta di Super Quark mentre gli altri si addormentano!!! 😀
Mi ha interessato l’offerta per i morti: in realtà è una tradizione antichissima: i romani praticavano 3 buchi nelle tombe e con dei tubi “nutrivano” i morti. Questo è il vero motivo per cui i cristiani celebravano nelle catacombe: era il permanere della comunione spirituale con il morto attraverso La comunione: il corpo di Cristo.
Halloween in inglese antico sta per vigilia dei santi. Ma nella festa anglosassone, almeno come ci arriva oggi, abbiamo un’esorcizzare le paure rendendo ridicola la morte, rendendola uno scherzo. In realtà in quella notte si celebrano molti rituali esoterici, ed a pensarci bene in halloween c’è un rovesciamento del significato della morte che sta nella festa cristiana. Ognissanti infatti festeggia Cristo che ha salvato tutti i santi che sono già vivi in paradiso con Lui. Halloween celebra cadaveri che camminano. Il 2 novembre invece si ricorda tutti insieme gli altri defunti, affinchè con la nostra preghiera anche le persone che amiamo possano essere con Lui.
Quando vado a lavoro all’asilo e vedo tutti quei pipistrelli e quelle zucche mi chiedo che c’entrano? Il fatto è che prima di essere halloween una festa consumistica lo era già prima Ognissanti, insieme al Natale ed alla Pasqua ed alle altre feste; una volta persa la propria fede e la propria identità una festa vale l’altra.
TRADIZIONI
A Palermo c’è… c’era la tradizione de “i pupa ri zuccaro” per i bambini ( dei veri e propri pupazzi anche ad altezza di bambino tutto di zucchero da mangiare… e dividere) poi abbiamo la frutta martorana ( frutta fatta con pasta di mandorle) inventata dalle monache (basiliane? non ricordo) del monastero della Martorana, in centro. Poi c’è l’abitudine di mangiare “u pani cunsato” ovvero una bella mufuletta ( una pagnotta grande ma con poca mollica) con olio extravergine di oliva, formaggio grattugiato, acciughe e pomodoro. Penso che derivi dal fatto che una volta la famiglia stava tutto il giorno al cimitero, in compagnia della parte della famiglia estinta. In quel giorno morti e vivi riscoprivano di essere ancora uniti, ancora insieme.
A Palermo la cosa era ancora più accentuata in alcuni cimiteri, gestiti dai padri cappuccini dove i corpi fino a metà 800 venivano mummificati ed esposti. Era un memento mori … almeno in teoria. Tempo fa ho trovato in biblioteca una testimonianza significativa: l’autore di una guida sulla città racconta disgustato di come il popolino si riversasse vociante in quel luogo di silenzio urlando ridendo e scherzando con i morti… (evidentemente non i propri). Oggi rimangono solo 2 cimiteri del genere, uno proprio a Palermo e vengono da tutto il mondo solo per vedere questo.
Grazie, Riccardo, che commento ricco! Mi hai fatto venire in mente un tempio a Bangkok dove le persone se stanno giornate intere sotto i portici in compagnia dei propri morti.