Mesi fa, colta da un subitaneo impulso, ho iscritto Meryem per due settimane a un campo estivo in lingua inglese. Costava. Però con qualche espediente (tipo ospitare a casa di mia madre uno degli insegnanti, al fine di avere uno sconto abbastanza rilevante) sono riuscita a spendere la stessa cifra dell’anno scorso, per qualcosa di molto diverso.
Volevo aspettare di avere a disposizione il CD con tutte le foto e i video del campo, ma ho pensato che magari qualcuno di Roma Nord può essere interessato a prenotarsi per settembre, quindi anticipo la recensione. L’associazione che organizza si chiama Creative English (Learn Through Multimedia) e, niente da dire, sono creativi davvero. Loro sono una giovane coppia di neozelandesi (Maria e Eugene), a cui si aggiungono insegnanti di rincalzo (noi abbiamo conosciuto e ospitato Eric, eclettico musicista statunitense).
Per Meryem, che non aveva mai studiato neanche una parola di inglese e sta iniziando ora a leggere e a scrivere, è stata un’esperienza fantastica. Si è divertita da morire. Credo che la descrizione delle attività dei campi sul sito sia un po’ minimalista e renda l’idea fino a un certo punto. Durante queste due settimane Meryem ha costruito vulcani che buttavano schiuma di Coca Cola; ha costruito una torre utilizzando solo marshmellows e spaghetti crudi; ha assaggiato (senza gradirlo granché) burro di noccioline per il 4 di luglio; ha guadagnato una ragguardevole quantità di Monster Dollars (la valuta del campo) e poi non li ha voluti spendere perché erano troppo carini e voleva conservarli; ha partecipato alla composizione di una canzone e alla realizzazione del video relativo (che vi posterò quanto prima); ha composto gli inni delle sue squadre con le relative mosse… Potrei continuare.
E’ stata un’esperienza davvero poco italiana, non solo per la lingua. I ragazzi che organizzano il campo, affiancati da “Helpers” adolescenti, si buttavano nelle attività al 100%, divertendosi quanto i bambini (o quanto meno impegnandosi molto perché così sembrasse). Ogni mattina arrivando guardavo i cartelloni pieni di nuove idee (le due settimane hanno avuto attività diverse ogni giorno) e pensavo al tipico animatore di centro estivo italiano, rassegnato al pascolo dei piccoli mostri, spesso con l’aria del martire al patibolo. Non dico che non sia un mestiere faticoso, per carità. Posso testimoniare che il pur giovane e aitante americano in due settimane di ospitalità da mia madre arrivava a casa e schiantava a letto senza passare dal via (un sabato ha dormito 12 ore filate, poi è andato a fare il sopralluogo nei locali del campo e a preparare i materiali).
Le attività duravano dalle 9 alle 17, con possibilità di lasciare i bambini fin dalle 8. Lo staff, alla chiusura della giornata, di fatto continuava a lavorare nel backstage perché arrivati al venerdì, in occasione dello show finale, fossero pronti video divertenti delle attività, un bello slideshow con musica delle foto più significative della settimana, un portfolio per ogni bambino che raccontava le attività svolte, i diplomi… Oltre, ovviamente, ai lavori multimediali realizzati dai ragazzi: video musicali e questa settimana un vero e proprio film di cui i ragazzi più grandini hanno inventato storia e battute, prima di interpretarlo.
Va specificato che il prezzo comprende le lezioni della mattina, materiale didattico originale con schede ed esercizi (che ci è stato dato tutto, non solo la parte svolta da Meryem in questi giorni), l’escursione con noleggio di pullman e biglietti di ingresso (una settimana sono andati a Hydromania e la settimana successiva a Explora), le uscite a Villa Sciarra per la caccia al tesoro, la maglietta del campo e la foto di gruppo a colori. L’anno scorso ho pagato 120 euro fino alle tre per una sguazzata in una specie di piscina, dei balli latino americani e un sacco di televisione.
Lo show del venerdì sera, tutto in inglese, è anch’esso tarato su una sensibilità da nuovo mondo. Nulla di commovente e stucchevole. Tutto molto a gag, inclusa la Parents’ Competition in cui si vincevano Twinx e Ovetti Kinder. Noi adulti, lo confesso, ci sentivamo in neanche tanto lieve imbarazzo. Queste cose non sono molto nelle nostre corde. Ma i bambini e i ragazzi se la sono spassata di cuore e giurerei che qualcosa, di questo inglese, gli rimarrà. Ho prospettato a Meryem di fare qualche lezione anche durante l’anno con la sua adorata Maria. Le sono brillati gli occhi. “Magari! Lo diciamo anche agli amichetti?”. Speriamo davvero di riuscire a combinare.
Io intanto vi consiglio di tenere d’occhio questi ragazzi: girano l’Italia e chissà che non vi capiti di avere una settimana anche dalle vostre parti.
riconosco lo stampo, inclusa la non stucchevolezza 🙂 quando andiamo a prendere i nostri da un qualsiasi campo estivo la domanda che ti poni di solito è ma dove le trovano (gli animatori) tutte ‘ste energie?