Per il terzo anno consecutivo sto per trascorrere una settimana a Locri. Abbiamo perfezionato nel tempo questa “soluzione post lockdown” fino a farne una specie di raduno di famiglia. Anche quest’anno avremo la luna piena (mercoledì, per la precisione) e con ogni probabilità, nonostante qualche ansia di mia zia, le cene all’Ultima Spiaggia.
Quest’anno vado sola, Meryem è a Palermo a fare le prove generali di vacanza autonoma. Il tempo passa inesorabile, lo vediamo tutti del resto: non solo dai figli che crescono, ma anche dai genitori/zii che invecchiano e da noi, che una volta eravamo i figli che hanno smesso di andare in vacanza con i genitori, che invece una settimana l’anno ci riaccostiamo al vecchio ruolo e ci facciamo un po’ accudire (ma sempre facendo un po’ finta di essere noi quelli che accudiscono).
Il mio compito, per questa settimana, è cercare di mollare la presa. Conto sul mare di Locri, il primo che ho conosciuto – dalla riva di Ardore. Quello in cui facevo le bracciate con mio padre, in cui saltavo le onde tra le braccia di mia sorella. “Come sul capo al naufrago l’onda si avvolve e pesa…” Già, il cumulo delle memorie da queste parti si fa sentire. Speriamo di essere in grado di nuotarci dentro.