Pensavo oggi, camminando in silenzio in un parco di una città non mia, che arriva un momento della vita in cui la maggior parte delle energie va necessariamente per mandare avanti la vita che ci troviamo a vivere. A me piacerebbe pensare che i progetti, il desiderio di cambiamento e i colpi di scena abbiano una rilevanza straordinaria, ma (per fortuna?) non è così. Mi guardo intorno e vedo tanti che, come me, tengono. Certe volte con grazia e disinvoltura, altre volte a denti stretti, senza riuscire a alzare la testa pure se vorrebbero.
E poi, naturalmente, ci sono quelli che, più o meno spettacolarmente, non tengono. Per un momento, per venti minuti, per qualche giorno. O anche irreversibilmente.
A me cosa serve per tenere? Forse in questo periodo l’universo cerca di suggerirmi che quasi tutto quello che credevo essenziale non è indispensabile. Certo, quando lo ho sono felice. Lo sono stata molto in questi quasi 50 anni, per le motivazioni più diverse. Alcune esperienze, me lo diceva un giovane sorridente giusto l’altra sera, hanno ancora il potere di farmi brillare gli occhi, anche se sono finite.
La felicità certamente aiuta, ma non è indispensabile per tenere. Cosa lo è? È una domanda che mi tormenta in questi giorni. Forse il rispetto, di se stessi e degli altri, e il senso della misura.
Mi piacerebbe che le motivazioni siano più nobili e profonde, che possano suonare più convincenti. E ovviamente alcuni impegni presi segnano binari più profondi di altri, da cui deragliare è più difficile (seppure non impossibile). Ma oggi queste trovo e comunque non è poco.
oddio che domanda difficile che mi hai fatto
(ci sto pensando, eh)