Stamattina, in un contesto piuttosto inaspettato, ho sentito una breve, semplice, ma molto bella considerazione sulle scelte. Parafraso, con parole mie. Ci sono scelte che diventano così quotidiane, ripetute, di routine, da sembrarci automatiche e senza particolare importanza. Eppure in quelle scelte ci giochiamo la nostra vita e, in ultima analisi, la nostra stessa umanità. Sarebbe pertanto auspicabile che prima di fare una scelta, piccola o grande che sia, ciascuno si fermasse un attimo per essere “presente a se stesso”. Consapevole, insomma, nel senso più ampio del termine.
Si fa un gran parlare di “scelta informata”. A volte, per i miei gusti, le scelte (specialmente quelle mediche) diventano fin troppo “informate”: si viene subissati di informazioni, che non siamo davvero capaci di vagliare e valutare nel loro vero peso, e allo stesso tempo si viene caricati di una responsabilità che a volte, nella mia vita, mi è suonata come uno scaricabarili. Insomma, il medico sei pur sempre tu. Dirmi cosa ti pare meglio fa parte del tuo mestiere. Per contro, su altre cose, su cui magari sarebbe più ovvio sentire il nostro parere, non siamo neanche interpellati.
Ma oggi il pensiero che mi gira in testa è un altro ancora. Spesso ho vagliato i pro e i contro di molte questioni, che erano importanti o almeno mi sembravano tali. Ma la domanda: “Questo farà di me, e in che misura, una persona migliore? Che impatto avrà questa decisione sulla mia serenità nel guardarmi allo specchio la mattina?”… non me la sono posta tanto spesso in forma esplicita. Sembra scontato, implicito. Eppure, almeno in un’occasione, se me la fossi fatta avrei agito in modo sostanzialmente diverso. Forse meno pratico, meno comodo, meno efficiente. Ma certamente più profondamente giusto.