Relitti e reliquie

L’altra mattina, andando a preparare la colazione, mi sono trovata a calpestare una collanina di perline in pura plastica, evidentemente lasciata da mia figlia a terra ieri sera. Nulla di strano, se non fosse che ho realizzato all’improvviso che quella collana era il primo regalo del mio primo ragazzo. Correva l’anno di grazia, se non erro, 1983 o 1984. Lui era andato qualche giorno a Praga e mi aveva portato quella collanina. Non è che io l’abbia mai tenuta in gran conto, francamente. Non sono di quelle che rimpiange il primo amore dell’adolescenza, anche perché – a essere onesti- c’era ben poco da rimpiangere. Ricordo giusto la soddisfazione di un pomeriggio in cui i miei compagni di classe, che mi consideravano la regina delle sfigate, mi videro con lui, che di anni ne aveva una decina più di noi. Vabbè, appunto. No comment. Sia come sia, la collanina – che peraltro quasi subito era diventata immettibile, per rottura del fermaglio – vive e lotta insieme a noi. Come acquistata ieri sulla bancarellaccia da turisti su cui fu comprata. Curioso davvero.
In rapida successione, un’altra sensazione. Meryem afferra un foglio per fare un disegno. E’ abituata, povera stella, a riciclare fogli stampati. Finora all’uopo servivano benissimo le bozze del libro inedito del mio professore dell’università. Che però sono finite. Distrattamente mi casca l’occhio sul foglio su cui Meryem sta immortalando la gita a Ostia antica. Si tratta della prima pagina di uno degli articoli raccolti per una delle mie tesi di laurea (ne cambiai diverse) e poi gelosamente conservati in attesa di un mio studio definitivo sui pronomi suffissi in fenicio. Rispolverati in occasione del concorso, dopo la fantastica esperienza accademica e umana gli articoli di tale Krahmalkov giacevano abbandonati su uno scaffale. Istintivamente stavo per urlare: “Nooo! Meryem, quell’articolo mi serve!”. Ma prima che la voce mi uscisse dalla gola, sono riuscita a realizzare che no, di quell’articolo non me ne faccio nulla. Non mi serve affatto. Va benissimo che mia figlia ci faccia sopra un bel disegno. Mi sono sentita liberata, più leggera. Chissenefrega dei pronomi suffissi in fenicio. Ho di meglio a cui pensare, per fortuna.

4 pensieri riguardo “Relitti e reliquie”

  1. Se lo avessi scritto prima, mi sa che avrei scelto questo come post preferito per il giveaway… Se ti dovessi spiegare il motivo, mica saprei tanto cosa dire… Mah! Sensazioni… in una discreta serataccia forse è un messaggio positivo.

  2. Io conservo tutto, dagli scontrini d'acquisto del pane il giorno del trasloco nella MIA casa, il biglietto dove il mio primo ragazzo ha scritto che pizza voleva ordinare quando facevo la cameriera… il massimo del fetish è stata una cannuccia usata da un tipo che piaceva a me e una mia mia amica, che tenevamo a turno…
    Però gli appunti (dalle medie in poi) guai a chi me li tocca: reliquia maxima è invece il malloppone di fotocopie da microfilm del manoscritto su cui ho fatto la tesi (paleografia, non siamo molto distanti…) che giace in garage e mi ha seguito finora in 3 traslochi.
    Concordo con Silvia (so che sei tu!), questo post è anche il mio preferito, sarà il titolo 🙂

  3. è una liberazione. è vero. i miei figli hanno fatto strage di disegni sulle bozze del mio romanzo, il malefico, occupando tutti gli spazi. catartico.
    anna

  4. Ci ho già pensato io per prima: quando mia madre ha traslocato e Amelia era piccolissima, ho buttato via senza pietà tutto quello che aveva solo il fascino della reliquia. Ho tenuto solo una minuscola scatolina fatta a forziere, con dentro una stellina di brillantini: è la prima cosa a cui ricordo di aver tenuto, la usavo per giocare ai pirati con la Barbie.
    Ma prima o poi verrà anche il suo turno.

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