Il parrucchiere al tempo di Groupon

Fin dall’infanzia e per moltissimi anni ho frequentato lo stesso parrucchiere. Quello che, in quinta elementare, mi tagliò le trecce. Senza essere mai stata particolarmente coinvolta dalla cura dei capelli, la visita da M. (o, come amava chiamarlo mio padre, “il servile M.”) era un rituale rassicurante, che non mi richiedeva alcuna partecipazione da parte mia e scorreva via piacevole, secondo binari definiti. Lui giocava ad essere molto gratificato dai miei tagli, io gli lasciavo fare con sublime indifferenza. Il massimo della trasgressione è stato un paio di ciocche blu (diventate poi verdi al secondo lavaggio). Ma arriva il momento in cui si lascia l’ambiente familiare: dopo l’ultima ristrutturazione, con subentro della figlia del titolare, quella modalità ben oliata è finita per sempre. Da allora, sono andata a tentativi.

Poi è arrivato Groupon. Mi sono fatta tentare. Il mio rapporto con il parrucchiere è diventato occasionale e mercenario già di suo. Perché allora non osare, a fronte di un risparmio non disprezzabile? Allora l’ho fatto, ho acquistato un coupon, ho prenotato. Oggi, all’ora x, facevo il mio ingresso in un salone nel cuore di Trastevere.

Mi ha accolto un personaggio che sembrava uscito da un cartone giapponese, tipo Mila e Shiro, Hello Spank o Kiss me Licia. Capello gonfio con volumi che non ricordavo dagli anni Ottanta, baffetti biondi, colpi di sole, camicia viola luccicante a righine riflettenti. Dal nome del luogo, originalissima composizione dei nomi propri dei due soci, apprendo che si tratta del primo dei due titolari. Mi tratta con squisita cordialità, chiamandomi insistentemente per nome. Procediamo. Chiedo un taglio deciso, spiego (se ce ne fosse bisogno) la mia necessità di tenere la manutenzione al minimo. Scoprirò che questo, unito al dettaglio che non mi trucco, lo porterà a stabilire che ho bisogno di qualcosa che mi renda meno anonima, nella fattispecie il colore. Ma ancora non lo so. Inizia a tagliare. Io intanto mi guardo intorno e il mio pensiero corre a Tabatha Mani di Forbice: il caos regna sovrano un po’ ovunque. Tagliando qua e là, lui azzarda una conversazione: inizia con il classico “che lavoro fa”, che però ci porta a un vicolo cieco di imbarazzo e esitazione. “Certo che ne deve vedere lei, di fuori di testa”, osserva garrulo lui. “Sì, specialmente politici e funzionari ministeriali”, chioso io. Per fortuna arriva una cliente abituale e la conversazione si incanala su toni più congrui alle pareti fucsia: il fascino di Johnny Depp, “un vero trasformista”, commenti pungenti sui “vips” nostrani, persino qualche imitazione (di Valeria Marini che vende la sua lingerie “aperta davanti e aperta dietro”, per la precisione).

Il lavoro procede e la sensazione di un certo grado di improvvisazione non mi abbandona. Le cartine volano per terra tre volte, mi arriva persino uno schizzo di riflessante sulla manica. Si procede per la realizzazione di questo “taglio disconnesso”, nel tentativo di accrescere la mia personalità. Io taccio, cercando di restare sorridente. A quel punto il nostro mi stupisce ancora: “Scommetto che ora sei curiosissima del risultato”, mi dice, passando al “tu”. E aggiunge: “Perché lo sento che ci sono pensieri che si muovono qua sotto. Sai, io sono un sensitivo. In senso buono, eh?”. Intanto il socio, che – come tengono a specificare non è parrucchiere – offre caffè aromatizzato al limone e ai frutti di bosco alle clienti più affezionate. A me, fortunatamente, ne tocca uno normale. Arriva un cliente che chiede un appuntamento per la sorella (“Stiamo organizzando un toga party…”) e una che vuole un’acconciatura che le permetta però di lavorare un paio d’ore nella cucina di un ristorante senza sgualcirsi (forse una parrucca?).

Et voila. Tra un’assurdità e l’altra, ci siamo. Taglio minimo sindacale, al limite della spuntatura e guizzo di colore, nei toni del rosso tiziano (ah, Nancy Drew…), che a dire il vero a tratti tende al fragola. L’amica fashion mi dice che sono molto sixties. In effetti anche la vestaglia che lo indossavo lo era. Questo fa pensare che la cosa fosse premeditata, nonostante le apparenze.

Comunque, eccomi qua…

5 pensieri riguardo “Il parrucchiere al tempo di Groupon”

  1. Allora eri tu su FB, mi sono stata zitta per non fare gaffe, tipo: ma che colore fantastico che ha tua nipote. Ok, nipote di te stessa, a parte la seduta, che le sedute dal parrucchiere offrono sempre materiale umano per ben tre feuilleton, direi che mi piace, che ci sta tutto nel trend “voglio cambiare vita, cominciamo dai capelli” ed è un bell’ inizio speriamo premonitore di una carriera non improvvisata, senza cartine che cadono e schizzi vari. certo la freegatura è che adesso se te lo vuoi tenere ti tocca manutengerlo, ripassare il colore e le punte a intervalli regolari eccetera, ma se non hai voglia ti rifai un colore del tuo colore sopra per ammortizzarlo e inizi a farti le meche biondo platino come tutte le circum-quarantenni.
    Adesso però aggiornaci sulle reazioni di chi ti bazzica quotidianamente, non è che da quella foto artistica e averti vista due volte posso farmi un’ idea concreta. A proposito, che fai a pranzo o a cena il 16 maggio? Kebab? Sto in giro.

    1. Il 16 maggio posso offrirti un pranzo un po’ tirato via in zona piazza Venezia, oppure anche un kebabbino serale, portandomi la Guerrigliera. Se hai un briciolo di tempo, propenderei per la seconda, almeno ci si fa una chiacchiera.

  2. io pure ho un rapporto mercenario con i parrucchieri, non so più quanti ne ho cambiati ma groupon ancora non l’ho provato!
    cmq mi piace quel rosso, io non lo faccio perchè vari parrucchieri mi hanno detto che non mi starebbe bene, e mi sono lanciato su un biondino.
    Andare dal parrucchiere è una bella esperienza antropologica quasi ogni volta 😉

    ps pure io abito a roma!

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