Avevo in mente almeno tre bozze di post, uno dei quali avevo addirittura annunciato in risposta a questo di Anna. Ma poi è successo che ieri, alla ricerca di una degna ricarica per il mio Kindle (vi ho già detto che lo amo? mi sa di sì), mi sono imbattuta nella trilogia How to be a Brit (composta da How to be an Alien – How to be Inimitable – How to be Decadent) di George Mikes.
Chi era costui, diranno i miei piccoli lettori? (che detto così fa tanto Collodi…). Facciamo un passo indietro. Anzi, più che un passo, un salto nella macchina del tempo. Estate del quarto ginnasio (mi pare): mi accingo alla mia prima vacanza studio in Inghilterra, in quel di Cambridge. Di quelle tre (o due?) settimane ricorderò specialmente le serate passate a cucinare pancakes in una specie di sala parrocchiale, un parco divertimenti dove ho scoperto che sulle giostre veloci vado in apnea e alla bisogna svengo e il mio primo acquisto in una libreria inglese. E mica un libro qualsiasi: un Penguin (tascabile, ovviamente). La quintessenza dell’inglesità (mi si passi il termine).
Il libro, che era proprio How to be an Alien, era in un certo senso un libro di testo. Il professore del mio corso estivo ci aveva ordinato di procurarcelo e alla fine di ogni lezione se ne leggeva un brano. E’ una di quelle letture che è letteralmente saltata fuori dalle pagine stampate per fondersi con il mio DNA. Non posso pensare di fare una battuta di spirito, di scrivere un pezzo divertente, di leggere una situazione con ironia senza dover riconoscere una parte di merito a questo giornalista ungherese naturalizzato britannico.
Scrive bene, Mikes, nella prefazione alla 24° ristampa (nel 1958: la prima edizione era stata pubblicata nel 1945): “At the moment I am engaged in writing a 750-pages picaresque novel set in ancient Sumeria. It is taking shape nicely and I am going to get the Nobel Prize for it. But it will be of no use: I shall still remain the author of How to be an Alien“. Non può che essere così. E ora mi sto trattenendo, perché la tentazione sarebbe di copiarvi qui tutte le battute più geniali (ovvero buona parte del libretto), privandovi del piacere di una lettura autonoma.
No, non esiste una traduzione italiana. Sarebbe obiettivamente impossibile. Alcuni brani qui e là sono traducibili, ma decisamente non lo è il libro nel suo insieme. Ma tranquilli, se lo capivano degli studentelli alle prime armi qualcosa vorrà pur dire. Stamattina ho iniziato l’ennesima rilettura, stavolta su uno schermo, e ho provato una gioia simile a quando, incontrando un vecchio amico, si riprende consapevolezza di una parte di se stessi. E ancora una volta ho riso di cuore, sul tram 8, suscitando qualche perplessità negli altri viaggiatori. Se vi viene voglia di leggerlo anche voi, sappiate che se io fossi un messaggio cifrato quelle pagine contengono la chiave per decifrarne buona parte. E poi dicono che le vacanze studio servono solo a fare caciara nei pub.
riprovo a commentare (wordpress mi respinge) how to be a brit l’ho letto da ragazzina dietro consiglio di un amico brit di origini non brit e mi sono ammazzata dalle risate, questo me lo prendo subito. poi mi sono venute in mente le Lettres persanes, l’occhio dell’alieno sulle proprie abitudine considerate “naturali” è un buon esercizio – direi quasi quotidiano
Ma che gli prende a wordpress? Perché vi respinge?
uh che bella chicca!!! grazie grazie grazie me lo procuro subito, adoro l’umorismo britannico!
uh uh uh già trovato e ordinato in biblioteca (me lo fanno arrivare da un paese vicino…) che meraviglia!
L’ho già messo nel carrello che te lo dico a fare 🙂