Taxi Blues

Oggi non è la giornata adatta per parlare di autostima, sebbene un autorevole sito inviti a farlo. Oggi non è la giornata adatta per molte altre cose, a dirla tutta. Ho le idee un po’ confuse e i postumi della lezione di yoga. Mi atterrò pertanto a un post di utilità sociale, relativo alla sopravvivenza quotidiana nella Città Eterna (e pertanto in qualche modo anche di interesse turistico).

Scena: serata di domenica piovosa. L’indefessa madre intelligente e moderna che è in me, pur sepolta dalle spire della madre cialtrona e fancazzista, era riuscita a organizzare una serata di musica di livello per me e alla Guerrigliera nel suggestivo scenario dell’Auditorium di Roma. Avete presente l’Auditorium? Quello che in qualunque punto della città voi vi troviate viene segnalato da eleganti cartelli (che tuttavia vi piantano poi bellamente a metà tragitto)? Quello là. Non mi ero lasciata scoraggiare dallo scetticismo del curdo (“Ma dove andate con ‘sto tempo? Dall’altra parte della città per sentire della musica?”) e neanche dai dubbi della fanciulla (“Ma non fanno qualcosa al Teatro Verde – che ci sta sotto casa?”). Avevo i miei biglietti, ho vestito Meryem decentemente (almeno lei) e siamo partite.

Il piano logistico prevedeva, a dire il vero, l’andata con i mezzi. Ma a ciò si è opposta una pennica strategica della Guerrigliera. Ok, che taxi sia. Usciamo comunque con congruo anticipo, onde mettere in atto l’estrema astuzia del pigliatore occasionale di taxi: andare alla colonnina e risparmiare gli euro della chiamata. L’anticipo si è rivelata una scelta saggia. La colonnina, no.

Arriviamo a Stazione Trastevere. Nessun taxi in vista. Aspettiamo pazientemente. Nada. Comincio a innervosirmi. Quand’ecco che mi casca l’occhio su un cartello sulla colonnina: “Chiamataxi 060609”. Ecco la soluzione. Vedi a dubitare dei servizi al cittadino? Mi serve appunto un taxi ed ecco lì la risposta. Senza indugio chiamo. Una vocina registrata mi chiede dove mi trovo. “Piazza Biondo”, rispondo pronta io. “Numero civico?”. Niente panico. Mi giro, colgo con l’occhio il numero su uno degli ingressi della stazione ferroviaria e rispondo sicura “19”. “Mi conferma che si trova a piazza Flavio Biondo 19?”, insiste la vocina. “Sì”. Ma non la convinco. “Mi conferma che si trova a piazza Flavio Biondo 19?” “SI’!!!!”. Ora si è convinta. Musichina.

Dopo una manciata di secondi mi dice, con voce suadente: “La stiamo mettendo in contatto con la colonnina di taxi più vicina”. Ah, quanta efficienza…. ma, un momento! Il dubbio che mi sorge viene immediatamente confermato: la colonnina a cui sono appoggiata inizia a trillare argentina, creando un simpatico effetto di eco nel piazzale ancora assolutamente deserto. A meno che non risponda io stessa, continuerà a farlo all’infinito. E infatti continua. Cade la linea. La vocina tenta di rassicurarmi: “Ora faremo un secondo tentativo…”. Ma qui la interrompo e metto giù.

Ora, caro Comune di Roma: il servizio è indubbiamente utile. Ma forse non lo pubblicizzerei proprio sulle colonnine dei taxi, sai? Anzi, oserei dire: lo pubblicizzerei, e con maggiore abbondanza, in qualunque altro luogo.

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