Un pizzico di ottimismo

Non ho avuto il minimo dubbio, ieri, sul fatto che a votare ci sarei andata. Vi ho messo a parte di molti miei dubbi e dei miei tormenti, ma forse non ho espresso con abbastanza chiarezza che per me astenersi, ieri, non era un’opzione. Non lo era proprio perché era un voto per l’Europa: le implicazioni nazionali mi sono sforzata di non considerarle.

Per una volta, infatti, è proprio l’Europa che vorrei cambiare. Vorrei un Europa diversa, meno artefice e complice di stragi di rifugiati. Andare a manifestarlo ufficialmente nel modo in cui mi è ancora consentito mi sembrava doveroso.

Oggi, davanti a questi risultati, mi vengono a caldo alcune domande.

Ci sentiamo europei?
La mappa qui sotto fa pensare. Noi in Italia non siamo nemmeno tra quelli che si sono astenuti di più, forse perché abbiamo un po’ l’idea di votare sempre per la nostra politica interna (del resto ce la raccontano così). Ma è inevitabile pensare che forse l’Europa si è smesso di costruirla davvero parecchi anni fa. Slovenia, Ungheria, Polonia, Croazia… Che significa per questi Paesi essere entrati in Europa? Decisamente qualcosa non ha funzionato, o non ha funzionato del tutto.

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Eppure pare che il trend di astensionismo, che in passato cresceva a ogni votazione, si sia invertito. Una bella notizia, dunque. A me pare abbastanza sconfortante, ma consoliamoci pensando che poteva andare peggio.

Cosa è successo davvero?
Confesso che ci ho messo un po’ a capirci qualcosa sul parlamento che esce effettivamente dalle urne (grazie al Sole24ore, a proposito). I risultati nazionali, le sorprese e i colpi di scena veri e presunti sembrano attrarre l’attenzione della stampa ben più dei noiosi quadri d’insieme, che però alla fine sono quelli che ci dovrebbero interessare di più.
Alla fin fine, per riassumere in modo un po’ approssimativo, mi pare che i margini estremisti siano cresciuti, ma il solito assetto in qualche modo tenga. Inaspettatamente il risultato del PD in Italia ha contribuito alla tenuta del gruppo socialista e 3 italiani siederanno nei banchi della Sinistra Unita. Ora si deve nominare il Presidente della Commissione. Vedremo.
Siamo anche alla vigilia del semestre di presidenza italiana (un semestre che durerà, di fatto, circa due mesi e mezzo). Ce la facciamo ad interessarcene un po?

Lapo Pistelli, quando è venuto al Centro Astalli, ha giustamente osservato che in un tempo così ridotto non ci si può aspettare grandi rivoluzioni. Ma potrebbe essere un’occasione importante per contribuire con decisione a fissare l’agenda per i prossimi anni. Una finestra preziosa, perché poi il Mediterraneo sparirà dalle turnazioni per un bel po’.

Cosa vedo io?
Io, come dicevo nel titolo, non sono del tutto pessimista. E non tanto o non solo per i risultati elettorali del mio Paese, che facilmente potevano essere assai peggiori. Soprattutto mi conforta quello che vi raccontavo già qua e là per questo blog (per esempio qui): mi pare che si racconti tanto la xenofobia, ma qui e là  i cittadini comuni inizino a realizzare quanto disumane e alienanti siano certe pretese ideologiche e a combattere le loro piccole, ma significative rivoluzioni. La solidarietà, la condivisione e l’empatia sono gesti sempre più rivoluzionari. Quando poi si mettono in rete tra loro possono diventare interessanti.

Aspettiamo e vediamo, insomma. Ma non dimentichiamoci mai che la nostra dimensione è il mondo. Lo “squallore provinciale quotidiano”, come lo definiva ieri assai efficacemente un’amica su Facebook, non deve mai avere la meglio. Nessuno di noi desidera crescere i propri figli nello squallore, non è vero? Ecco perché la politica in qualche modo fa inevitabilmente parte della dimensione di un genitore (secondo me).

3 pensieri riguardo “Un pizzico di ottimismo”

  1. hai ragione, anche io l’ho sempre pensata così ed agisco insegnando a mia figlia anche la politica, attraverso commenti e, soprattutto, comportamenti.
    Ieri come sai non ho votato. Vigliaccamente non ho nemmeno detto alla quattrenne che, volendo, avrei potuto (le altre volte le racconto che quello che andiamo a fare è importante, che scegliamo chi decide le cose, che bisogna scegliere bene…)

    ecco, questa volta non mi sentivo di raccontarle tutto questo, perché non ci credo.
    Non credo che il nostro comportamento di voto possa avere una qualche influenza sul futuro del Paese o dell’Europa. Non ci credo più, vedo troppe alleanze che una volta sembravano impossibili, o leggi urgenti trascurate in virtù della tutela dei soliti amichetti. Non ci credo più.

    Ma non mi fa piacere non crederci, non avere prospettive, ottimismo. Magari migliorerà questo mio modo di sentire, un giorno. Magari.

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