Siamo arrivati alla seconda puntata della CaT e Barbara ci interroga sul tempo. Sul tempo che dedichiamo o vorremmo dedicare alla felicità. Ci penso da questa mattina e per una volta mi sento di dire: no, non è il tempo il mio problema. Non mi sento di dire che non ho tempo. Lavoro tutto il giorno, naturalmente. Ma a parte questo non sono affannata per il tempo che mi manca. Piuttosto a volte mi manca la voglia. Mi manca l'essenza della felicità, per così dire.
Stamattina Nizam, vedendomi scarmigliata e un po' isterica (ripensandoci una piccola dilatazione di tempo sarebbe utile, la mattina: giusto un'oretta in più tra le 8 e le 8 e mezzo, magari sottraendola alle lunghe serate), vedendomi, dicevo, ha mormorato un modo di dire turco che suona tipo: "L'ha colpita un ginn" (sempre che io traduca correttamente). Il ginn è uno spirito, un demone. La collisione con il ginn lascia evidentemente l'interessato con un'aria stralunata e i capelli dritti. Ecco, in questo periodo non ho nessuna voglia di lentezza. Però di gioia, di entusiasmo sì. Quello mi manca. E non mi dispiace sbattere contro i più diversi ginn (recentemente poi ne ho conosciuto uno davvero delizioso): in fondo sono il sale della vita. Però vorrei riuscire a riderne un po' di più di quanto non faccia ora.
Qui forse sta il punto dolente. Si ride meglio in compagnia. E io, ultimamente, sono un po' troppo sola per i miei gusti. Se quindi dovessi desiderare del tempo, desidererei del tempo da condividere con altri. Del tempo affollato, caciarone, pieno di imprevisti e di cose non programmate. Già, perché la pianificazione, la routine saranno pure belle cose. Utilissime, quando si cresce un bambino piccolo. Ma io la felicità non riesco a immaginarmela se non caotica. Morale? Lancio un messaggio ai ginn di passaggio: colpitemi sempre, colpitemi forte. Anche quando avrei la tentazione di continuare a dormire.
Oddio, se ti colpisce uno come Jabor o Faquarl, sei nei guai ;-))))))