Questo venerdì mi ha profondamente innervosito, in primis sul lavoro. Il tema di oggi è: collaborazione. Fra colleghi, fra persone, fra associazioni, fra donne. Oggi, dalle prime luci dell'alba, ho potuto fare una sorta di catalogo di collaborazioni mancate, dalla diffidenza all'aperto boicottaggio, passando per tutte le sfumature di omissione strategica. Ecco, questa cosa mi fa inferocire. Ma non solo e non tanto perché danneggia me, o piuttosto il mio lavoro e quello di altri. Soprattutto perché mi sfugge proprio il punto. Io istintivamente collaboro, pure troppo. Salvo magari pentirmene.
Cercando di sbollire dalla rabbia che mi ottenebra ormai da ore, guardando il più freddamente possibile (non tanto freddamente, ad essere onesta) a queste diverse situazioni, mi sono chiesta se c'è qualcosa che le accomuna. Forse l'ansia di essere e restare protagonisti incontrastati. Intendiamoci, anche io da quel lato zoppico vistosamente. Mi piace quando emergo per le mie idee. Quando posso dare un'impronta inconfondibile e personale a qualcosa. Ma ho anche imparato che in molti casi si fa di più e meglio scegliendosi un ruolo diverso da quello di leader, mettendo a dispsizione un contributo magari più limitato ma più puntuale. Forse, almeno sul lavoro, mi sento ormai abbastanza sicura di me da non avere bisogno di emergere a scapito di qualcun altro. Non mi sento minacciata dalle collaborazioni. Non mi offendo se le mie posizioni non sono sempre quelle scelte dal gruppo. E, se posso, cerco anche di dare una mano e supportare il lavoro di altri, soprattutto se li stimo.
Questo è vero sul lavoro. Non altrettanto, evidentemente, sul piano personale. Familiare (urgh). Affettivo (straurgh). Della genitorialità (e qui stendiamo un velo pietoso, o anche un drappo damascato). No, fuori dall'ufficio la mia sicurezza cala in modo drastico e pericoloso. E, anche lì, il conflitto è in agguato, permanentemente.