La libertà non è uno spazio libero

Ultimamente incappo spesso e volentieri nella parola “libertà” e negli aggettivi derivati. A un certo punto stavo passeggiando per le stradine del centro di Roma e mi ha colpito un pensiero: il concetto di libertà, per me, negli anni è cambiato in modo radicale e si sta ancora trasformando. Libertà è fare ciò che voglio, quando voglio? E’ avere disponibilità di soldi e tempo per togliermi qualunque sfizio? Una volta avrei visualizzato una persona libera come qualcuno mobile, leggero, con poco bagaglio e pronto a cambiare allegramente direzione. Oggi, pur cogliendo la piacevolezza di tutte queste cose, associo la libertà a qualcosa di diverso, addirittura di opposto. Una persona libera è una persona solida. Una persona sicura di sé, serena, non volatile. Il che non vuol dire risolta, o giunta a un capolinea di certezze o, peggio, di abitudini. Ma certamente in grado di non farsi portare qua e là dal vento delle emozioni effimere.

Libertà di giudizio, libertà di coscienza. Sono obiettivi importanti, potrebbe non bastare una vita a raggiungerli. Certe volte, nelle discussioni sui più disparati argomenti, si parla della libertà come di una caratteristica connaturata a qualunque individuo, di qualunque età. Per cui magari ci si affanna a difenderla alla cieca, molto più che a lavorare insieme perché ciascuno, qualunque sia la sua condizione, possa raggiungerla davvero. Mille volte sbuffo e sbufferò perché da madre non sono più libera di… (vedi anche post precedente). Ma sarei disonesta se non ammettessi che questa dura scuola del diventare genitore, questo esercizio di punti di vista, discernimenti e ripensamenti, non può che concorrere in modo determinante a fare di me una persona più libera.

5 pensieri riguardo “La libertà non è uno spazio libero”

  1. Si e no. Una delle prime cose che ho pensato, diventando genitore, è che diventavo ricattabile. Tante cose, azioni piccole o grandi, meschine o eroiche, dipendono dal tuo punto di vista. Avrei nascosto un ebreo durante la guerra se, come in Polonia, quando ti beccavano facevano fuori tutta la tua famiglia? Saprei dire di no di fronte a grandi temi morali o alla semplice necessità della pagnotta se io di quei soldi ho bisogno per crescere un figlio?
    C’ era questa bella frase ne: “Il senso di Smilla per la neve”, in cui il medico con villona nei boschi, un numero innumerevole di figli, tutto da perdere e nulla da guadagnare accetta di aiutare Smilla passandole informazioni che le permettano di scoprire se il bambino caduto dal tetto fosse stato spinto o per disgrazia, dicendo: cosa posso insegnare ai miei figli se sapessero di avere un padre vigliacco che non è neanche capace di essere coerente con i principi che gli vorrebbe inculcare? (Detto molto meglio di come cito io a memoria adesso).
    Però i miei figli oltre a rendermi debole mi hanno regalato la solidità e il dovere della coerenza, quindi si, ce la potrei fare persino io.

  2. Non lo so. Ho sempre pensato che la condizione per la libertà fosse la solitudine. Ne sono ancora più convinta adesso che sono sempre meno sola: i figli, il marito, persino le gatte. Impongono innegabili condizionamenti, responsabilità, legami. Pur felicissima della mia condizione, mi sento addosso una zavorra: ogni scelta impone di rispettare un numero di paletti che cresce esponenzialmente. Certo, ti vien da chiederti a che pro essere liberi, se si è soli.
    Forse il punto è questo: si è disposti a rinunciare a una quota di libertà per l’affetto, ma non il contrario.

  3. Grazie, amiche, per i vostri punti di vista! Chiara ha colto un punto che ho lasciato forse implicito (e che volevo suggerire con il titolo). E’ chiaro che la libertà più “semplice” è quella di chi è solo (e in pace con se stesso, ovviamente). Ma la libertà di chi vive con i paletti è, allo stesso tempo, più formalmente stortignaccola e più umana, più reale, più sostenibile, più piena. Una libertà senza affetto, come dici giustamente anche tu, mi sembra quasi una contraddizione.

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