Anche il lavoro che sono venuta a fare a Bangkok merita un post, almeno uno. Sui contenuti tornerò più in là, ma intanto cominciamo dai partecipanti. Una Babele vera. Gente che lavora in continenti diversi, della più varia origine (la polacca lavora in Turchia, l’americana in Cambogia e così via), di diverse religioni e con background variegatissimi. Persino sul look ci sarebbe molto da dire: c’è chi sfoggia loghi di appartenenza su magliette improbabili, chi opta per l’etnico deciso, chi mantiene una relativa sobrietà. Ma una cosa è apparsa subito evidente: siamo gente appassionata e passionale. Molto passionale. La facilitatrice, sudafricana, un po’ se lo aspettava. Più dei principi e della metodologia ignaziana, questo è il nostro vero marchio di fabbrica.
Il mio sottogruppo poi è un gioiellino. Cinque nazioni, tre continenti, cinque teste dure e accomunate da una certa vena polemica. In due giorni di lavoro insieme ci sentiamo davvero una squadra. Ci amiamo follemente. Progettiamo marachelle e blande azioni di boicottaggio al proseguimento dei lavori (salvo poi dare contributi, modestamente, fondamentali).
Oggi lo sparuto gruppo europeo doveva animare la riflessione mattutina di apertura del lavori. Gli asiatici, ieri, ci avevano annichilito con una sorta di meditazione yoga accuratamente pianificata. Noi, ovviamente, abbiamo pianificato per tre minuti ieri sera, dopo un paio di birre. Prima abbiamo accampato tutto il repertorio possibile delle scuse (non sono cattolico, convivo con un musulmano, io invece con un ortodosso). Alla fine, su mia proposta, ci siamo decisi per una lettura. Questa.
Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.
Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano.
Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi.
Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo.
Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perche ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.
Erano stupefatti e fuori di se per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei?E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?
Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio».
Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l’un l’altro: «Che significa questo?». Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di mosto».
Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole: Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino.Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Accade invece quello che predisse il profeta Gioele: Negli ultimi giorni, dice il Signore, i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni.»
Ci pareva che rendesse bene lo spirito dei nostri incontri. Sì, è vero, sembriamo ubriachi. Ma in realtà condividiamo visioni e sogni, ciascuno come può.
P.S. La lettura è anche un’esortazione al gruppo a ubriacarsi solo in orari socialmente accettabili. Per questo il JRS ogni sera paga un solo giro di alcolici ai partecipanti.
che bei post, mi hai fatto un po’ entrare a bangkok.Letti tutti d’un fiato.Direi dunque che questa tua dipendenza da blog, ai tuoi lettori, non dispiace affatto!
non solo ne ho postato uno sulla thailandia ma addirittura 2 e sto scrivendo il terzo…grazie per avermi fatto ritornare indietro nel tempo
un sorriso
Mauri