Io non sono come te

Il giovedì non mi mette, solitamente, di buon umore. Il giovedì mi tocca riprendere Meryem a pattinaggio. Che madre scioperata e anaffettiva, direte voi. Ho delle attenuanti. Il pattinaggio ha sede in un oratorio del quartiere, l’incarnazione – oserei dire – del luogo comune sugli oratori: un po’ sfigato, con scritte e murales fintamente accattivanti sui muri, gremito di ragazzini dediti al calcetto. Ma, soprattutto, presidiato da tate e da nonne. Per uscirne vivi bisogna avere fisico temprato e know how. Tata Silvana si destreggia meglio dei preti polacchi. Io mi trovo vittima di attacchi di orticaria dopo un soggiorno di alcune decine di secondi.

Lo schema è immancabilmente il solito. Meryem finisce la lezione – durante la quale ha alternativamente interpretato la parte della povera bimba stremata e dell’efferato torturatore di allenatrici – e comincia la litania. “Mi posso fermare cinque minuti a giocare?”. Onestamente l’unica risposta sensata sarebbe NO. Sono carica come un mulo, devo passare a fare la spesa, devo portare me stessa e lei a casa superando la prova impari dell’autobus che passa solo quando lo dice lui. Ora però il mio argomento principale, il buio, è venuto meno. Quindi vacillo pericolosamente. Oggi, mentre vacillavo, mi ha affiancato una nonna. E’ stato teorizzato in sede autorevole che le mamme del parco non esistono. Le nonne dell’oratorio, però, esistono eccome. Sospira, rivolta alla nipotina. “Eh, Genoveffa, se Meryem proprio non si può fermare, ti toccherà giocare da sola…”. Scricchiolo. La nonna non demorde: “Ma neanche cinque minuti? Guardi che bel sole…”. Ringhiando mi accascio polemicamente su una panchina, circondata di pacchi e fardelli di forma varia. “Vabbè, cinque minuti…”, concedo, emettendo fumo nero dalle nari. Lei, la nonna, mi guarda con una certa schifata degnazione. Fa per aggiungere qualcosa, ma probabilmente le saette che guizzano dalle mie pupille la scoraggiano.

No, cara nonna giovane, con la maglia di tinta vivace e i capelli permanentati di fresco, è inutile che cerchi di socializzare. Non abbiamo nulla in comune e non farò finta che sia così. Tu a una cert’ora recapiti una bambina a casa, dove la attende una cena probabilmente non preparata da te. Tu non sei stata in ufficio a subire ispezioni burocratiche che passavano al microscopio una fetta della tua vita senza neppure il riguardo di riconoscere l’assurdità della procedure davanti a circostanze come quelle che abbiamo vissuto la settimana scorsa. Tu non dovrai fare i conti con le discese e le salite, con i piagnistei, con la fatica tua e quella di una bambina che in fin dei conti non fa che trottare, anche lei, dalle prime luci dell’alba. A dirla tutta, non ho nessuna voglia di socializzare in assoluto e forse è questo che mi fa stridere in questo cortile, dove tutti spettegolano giovialmente e si scambiano merendine fatte in casa.

Meryem gioca con l’amichetta, io piano piano sbollisco. La nonna non mi calcola più e io mi ricompongo. Ripiglio le redini del mio mostro interiore e della mia bambina esteriore. In un rigurgito di senso di colpa, prometto dolcetti al cioccolato autoprodotti per la serata. E mi toccherà pure mantenere la promessa.

11 pensieri riguardo “Io non sono come te”

  1. mi rendo conto che io non sopporto certe persone, non riesco a parlarci o se ci parlo sono di un’aggressività spaventosa, è più forte di me, non so se sia perchè sono diverse da me o se sia una questione di pelle: orticaria, esattamente come hai scritto tu, orticaria, prurito mentale,

  2. ma…la bimba si chiama veramente Genoveffa o è un nome di fantasia per tutelare la privacy dell’amichetta di tua figlia e poi….ma siamo sicuri che la nonna ancor giovane non abbia avuto una giornata peggiore della tua? forse ha un figlio che si droga e la figlia la utilizza unicamente come baby sitter per la nipote e può essere che sia vedova e passi le mattinate al cimitero a cambiare l’acqua dei fiori sulla tomba del marito, o il marito è vivo e vegeto ma è un tale puzzone che l’ha tradita tutta la vita con la sua migliore amica e lei lo sa e quindi avere sempre la tinta dei capelli in ordine è solo un modo per cercare di mantenere la propria autostima a livelli minimi sindacabilmente accettabili…e mettersi un maglione di un colore acceso le dà la forza per uscire di casa ogni giorno per portare in giro quella rompina della figlia della figlia ….:-)
    (adoro fare l’avvocato del diavolo)

    1. No, non si chiama Genoveffa. E in effetti la nonna giovane non aveva (quasi) nessuna responsabilità. E’ stata solo una giornata orrenda, tanto orrenda che non le auguro di averne avuto una peggiore….

  3. Io finisce sempre che in queste situazioni mi faccio fottere dal senso di colpa, rimango al parco poi la cinna mangia surgelati 😦 tutta colpa delle nonne giovani 🙂 forza e coraggio

  4. Siamo tutti nella stessa barca. Poi la volta che spontaneamente lo lasci giocare dopo la scuola nel campetto di fronte, lo pestano. Io certe volte, in certe settimane difficili li avverto: nn fatemi richieste irragionevoli perché dirò automaticamente di No a tutto perchè mi costa meno fatica che rispiegarti ogni volta perché no e tu dopo tre secondi ci riprovi a manipolarmi. poi va bene, vuol dire che il giovedì ti tieni pronta una pizza surgelata in frigo e ceni con quella. Lo sai da prima, ti metti l’ animo in pace e approfitti di quella pausa forzata per fare meditazione e riposarti prima delle salite e delle discese. E fra poco Meryem cresce e vedrai che si fa trascinare di meno. Coraggio

  5. Permettetemi un commento contro: I 5 minuti al parco o la mezz’ora, se volete, è utile per staccare. E’ utile ai nostri figli, ed è utile pure a noi, oso dire, che ci troviamo a dover socializzare con persone con cui proprio non abbiamo nulla in comune. Si tratta di scambiare due parole, magari un sorriso, sforzandosi ad essere meno arrabbiate e/o stressate di quello che siamo. Tanto poi non siamo obbligate a invitare a cena nessuno.Aggiungo anche, perdonami Chiara, perchè ti leggo sempre con molto piacere, che l’accettazione del diverso parte anche dalla nonna dell’amica della nostra bambina. Et voilà, adesso uccidetemi!

    1. Per carità, cara Deborah, tu hai ragione. E, come ho già scritto, ieri il problema era davvero tutto mio. Ero proprio al limite e avrei voluto smaterializzarmi, punto. L’accettazione del diverso certamente implica anche chi non ci incuriosisce, chi non ci fa simpatia, persino chi si intromette, volente o nolente, nei nostri programmi. E, in questo come in tutti gli altri casi, certe volte è una gran fatica.

  6. Capisco, nelle giornate no e’ veramente durissima passare davanti al parco e rimanere dure tirando dritto. Ma forse fermarsi ha permesso anche a te di smorzare, alla fine forse hai fatto bene…. Un abbraccio

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