Sulla bacheca di Claudia leggo queste “regole”, che chissà in quante migliaia di varianti avrete ricevuto, via mail o via Facebook, anche voi. La prima mi colpisce: “Fai pace con il tuo passato”.
Quanto è vero che per vivere meglio è indispensabile fare pace con se stessi. Ma oggi realizzo che non basta. Per me è stato più facile arrivare a una specie di armistizio con quella che sono che fare pace con il passato. Sia esso remoto, recente o anche recentissimo, il mio passato è lì, fastidioso come un sassolino appuntito in una scarpa. Per motivi diversi, in una gamma variabile di gravità. ma certamente il mio punto debole, il mio tallone d’Achille, è questo: con il mio passato non riesco a far pace, a volta neanche ad aprire un tavolo di onesta trattativa.
Guardandomi indietro riconosco che, più di prima, sono capace di rimuoverlo, di non rimuginarci troppo. A tratti sono persino riuscita a non farmi condizionare eccessivamente. Ma da qui a farci pace, la strada è ancora lunghissima.
Per giunta non passa giorno senza che un altro pezzetto di passato mal digerito si vada ad accumulare sul precedente. Ci sono momenti in cui la cosa mi provoca una certa angoscia. Riflettendoci un po’, oggi, in seguito all’ennesima sollecitazione, credo che il mio passato più indigesto sia quello che mi determina come “status”. Sono divorziata, per dirne una. Sono… boh, cos’altro sono? Sono ex-un-sacco-di-altre-cose.
Chi ha detto “meglio avere rimorsi che rimpianti”? Io riesco ad avere un ottimo assortimento di tutti e due. Ma ora che ci penso, credo di aver dato a tutti loro troppa importanza.
è difficile prendere la vita com’è. Un giorno ci riesci e un altro giorno no. Se sapessi perché un giorno è diverso dall’altro, avresti la chiave per la felicità, non credi?