L’inattività inizia a farsi sentire sul fisico. Mi viene il fiatone quando vado a buttare la spazzatura, mi sento fiacca e più mi affloscio sul letto e sul divano più mi sento fiacca. Fino alle settimana scorsa facevo 20 minuti di ginnastica ogni giorno. Poi ho mollato e basta.
Io ho bisogno di disciplina, anche in tempi normali. Però come sempre finisco per eccedere e allora mi autorizzo a far saltare tutto. Sulla sveglia ancora non ho ceduto: è troppo importante per il mio bioritmo. L’ho spostata dalle 6:45 alle 7:30 e le prime ore della mattina restano quelle in cui mi sento meglio: più attiva, più positiva, quasi in pace con me stessa. Persino produttiva, a tratti.
Un altro risultato di questi giorni è stato sistemare un po’ la mia camera. Non completamente e efficacemente come la cucina, ma ho affrontato scatoloni sospesi e buttato parecchie cianfrusaglie. Mi ha fatto sentire meglio.
Il tema resta sempre quello: fare spazio per stare. Fare spazio nella mente per i pensieri ingombranti, in primo luogo. Per i primi lutti e per le altre brutte notizie: per quanto geograficamente favorita, arrivano. Per i dubbi e le preoccupazioni: che voglio fare “da grande”? Quanto cambiamento sarà obbligato e quanto invece sarà cercato, voluto e spinto da me? Ancora? Sì, ancora. L’anno scorso ho cambiato alcune cose importanti, ma per quanto il pensiero mi angosci, il processo è ben lungi dall’essere concluso. Chissà poi se si conclude davvero, poi.
Bisognerà anche far spazio nel mio tempo, in futuro, buttando via incombenze e abitudini non (più) necessarie e rivedendo le priorità. Mi rendo conto di non avere mai tempo per quello che non mi angoscia nell’immediato. E allora finisce che il tempo si satura di incombenze.
Vedete quindi che, per fortuna, ho già la testa fuori. Dò per scontato un dopo. È un privilegio, che spero continui.