4 marzo 2020. La vigilia di quando ci hanno chiuso in casa. Non me lo aspettavo affatto, non riuscivo neanche bene a immaginare cosa avrebbe significato.
Avevo fatto lezione all’Università Lateranense, quel pomeriggio. Alla fine della lezione era arrivato il bidello e aveva messo i lucchetti al cancello dell’università. Fine delle lezioni in presenza. Zoom non sapevamo ancora cosa fosse, anche se lo avremmo imparato presto.
Tornavo a casa in una Roma già spettrale. Aspettavo l’autobus davanti al Colosseo, dove si vedeva la sagoma del Molokh, allestito per la mostra di Cartagine che poche settimane prima avevo visitato con un gruppo di vecchi amici, in uno di quegli sprazzi di grazia che ogni tanto mi fanno pensare che sono fortunata (e il più delle volte non ci faccio caso, ma quella volta sì).
Altri ricordi sono più appannati, e neanche Facebook, stampella della mia memoria, mi aiuta. Forse quella sera a casa mi aspettava uno di quegli amici selvatici in cui a tratti ripongo eccessive speranze. Un altro, per curiosa coincidenza, quella stessa sera tornava da un posto dove sarebbe stato normale incontrarmi. E invece il tempo di quell’ incrocio non era ancora arrivato.
Oggi, quattro anni dopo, se penso a cosa abbiamo attraversato mi gira la testa. E allora ritorno sul pensiero di prima: sono fortunata, dovrei farci caso più spesso. Ma oggi mi concedo anche di dire, però, che in questi anni ho anche dato molto. Pure troppo, magari. Oggi però più che mai sono convinta che l’amore non sia mai uno spreco, fosse solo come antidoto al cinismo sempre in agguato.
Questa età, predicavo sabato nella sala di aspetto della stazione di Zagarolo, è davvero tosta. È allo stesso tempo troppo tardi per “fare nuove tutte le cose” e troppo presto per tirare i remi in barca. E dunque vado avanti. Ogni tanto mi arriva una pacca sulla spalla, un incoraggiamento. Ogni tanto me la dò da sola, perché qualcosa l’ho azzeccata, spesso inavvertitamente. Ma le buone intenzioni, quella specie di ingenuità e testardaggine che mi rende così difficile arrendermi all’evidenza e tante porte in faccia mi ha procurato e mi procura, quelle farei bene a non perderle. Perché sono forse il tratto che mi rende simpatica ai miei occhi e che mi permette di essere almeno un po’ indulgente con me stessa.