Cosa voglio fare da grande

“Ma ancora ci scrivi, sul blog?”. Non lo so, idealmente sì. Nei fatti, spesso, non lo faccio. Riflettevo sul fatto che, al di là delle intenzioni, questo blog ha avuto la sua vera giovinezza quando ha svolto la funzione di supporto multidisciplinare alla mia maternità. Era il luogo dove potevo parlare di quello che mi stava a cuore e cercare di mettere insieme i pezzi di me stessa in anni di tempesta e sconquasso, interno e esterno.

È stato anche il luogo dove ho imparato che ci sono molti più modi di essere in relazione con le persone di quanto immaginassi. E che quindi, in un certo senso, poteva essere un modo di essere meno sola.

E oggi? Oggi che i figli sono grandi e devono avere la loro privacy, oggi che rimpiangiamo l’ingenuità che ci vedeva convinte e convinti che i nostri blog fossero sostanzialmente anonimi, slegati come erano dai profili social, posso ancora scrivere qui e sentirmi meno sola?

Ricordo una riflessione di Anna Lo Piano, che cito a braccio (ma poi cerco anche il link, magari*), sul fatto che l’adolescenza penetra come una lama esattamente nella finestra temporale che ci vede più fragili, come donne. Quando si comincia a invecchiare e ci assale un impulso irrefrenabile di fare bilanci impietosi.

Ma hai deciso che vuoi fare di grande?, chiedeva giorni fa un oroscopo su cui mi è cascato l’occhio. No, a dirla tutta no. Intanto perché già guardare al futuro, in questo momento è un atto di fede. Eppure io lo pretendo che ci sia ancora tempo, che ci sia l’opportunità di provare ancora a trovare una direzione.

Ci sono giorni come oggi. In cui non riesco a fare di meglio che mettere un passo dopo l’altro, cercando di non pensare a dove vado. E poi, domani o tra un mese, ci saranno giorni diversi.

*Ne trovo più di uno., di post. Questo, ad esempio.

2 pensieri riguardo “Cosa voglio fare da grande”

  1. Secondo me i blog restano un posto particoare rispetto ai social. E’ un po’ tipo il baretto sotto casa mentre tutti vanno a quello super cool della catena internazionale: non ti aspetti niente di speciale, ma ti senti più a tuo agio, senza dover per forza mostrare qualcosa o parlare con qualcuno. Puoi salutare il barista, chiedere il solito e metterti a un tavolino a leggere un libro. E poi magari capita che entra qualcuno di inaspettato, tipo Harrison Ford che si è fermato nella panetteria vicino Paternò. Nonso cosa dico, ma mi fa sempre piacere leggerti. Non so chi sei sui social, io dai miei sono uscito perché non mi piacevano più (tranne instagram dove mi diverto ancora perché mi piace fare le foto e scrivere cazzate) e non so chi sei nella vita, se non attraverso quello che leggo qui. Non penso manco di averti mai troppo commentato ma resto dell’idea che il blog è un posto speciale proprio perché non pretende di esserlo. Ho seguito sempre i tuoi pensieri, le tue storie, la tua bimba che cresceva (mo’ ho letto “i figli – al plurale – sono grandi” quindi o mi sono perso qualcosa o era in senso universale) e anche la tua crescita, e mi è sempre arrivato tutto e qualcosa è pure rimasto. Mi sembrava giusto dirtelo visto che scrivi sempre meno. Ad ogni modo ti abbraccio virtualmente e spero di rileggerti. Anche solo per scrivere che non sai più se scrivere. Che anche questo, in questo momento, mi arriva forte e chiaro visto che ho abbandonato il blog e ora non riesco manco a scrivere una recensione di un fumetto per la libreria di un amico. Per scrivere bisogna scrivere, c’è poco da fa’. Anzi grazie che mi hai spinto a tua insaputa a scrivere sto commento/pippone autoanalitico. Che doveva finire al “ti abbraccio virtualmente”. Ora provo pure a scrivere sta recensione.

    1. Grazie davvero, alla fine una delle cose che più mancano dei “bei tempi andati” sono i commenti lunghi e che continuano la conversazione. Chiarisci che “i figli” è al plurale solo perché lo intendo magari non in senso universale, ma certamente a includere i figli delle amici e delle amiche che sono in affanno come e quanto me. Un commento affettuoso oggi mi serve tantissimo, grazie. E la recensione linkamela!

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