L’altra sera, a tradimento, mi sono ritrovata a parlare a Meryem del viaggio in treno durante il quale ho appreso l’esito dell’ultimo concorso universitario che ho sostenuto. Mi sono trovata gli occhi pieni di lacrime senza nemmeno rendermene conto.
Stamattina un’amica ha menzionato un sito archeologico fenicio e prima il cuore ha iniziato a battermi più forte, poi i pensieri hanno iniziato a correre all’impazzata verso intricate congetture su divinità sconosciute ai più, che ho interrotto ben più di un decennio fa.
Ma non passa mai? mi sono ritrovata a chiedermi con una certa esasperazione. Ormai è andata. Eppure, appena mi distraggo un attimo, mi dimentico del tutto del pezzo della mia vita attuale, a cui pure razionalmente do valore e la cui durata ormai supera abbondantemente quella della “vita precedente”. Me lo dimentico e per un attimo ritorno a quella sensazione di infinite possibilità e anche di fiducia nelle mie capacità. “A 20 anni è tutto ancora intero”, cantava Guccini in una canzone la cui saggezza apprezzo solo ora, ma anche “a 20 anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età”.
Le mie balle erano decisamente affascinanti e ancora mi fanno venire le farfalle nello stomaco. Nell’immagine che illustra il post si vede un’iscrizione che ha reso molto fiera la me ventenne. Ancora oggi la guardo e sorrido.
Guccini pubblicò Eskimo nel 1978, io avevo otto anni e ancora non lo conoscevo, lo “incontrerò” solo verso i tredici anni e non lo lascerò più.
Mi dà sempre un certo piacere incontrare nella blogosfera qualche citazione di suoi versi.
Ciao.