Da quando seguo le favolose stylish classes di Paola Maria, sto iniziando a vedere il mio ambiente di lavoro in una luce nuova. Una prospettiva per me rivoluzionaria. Oggi ero a una conferenza stampa alla Provincia di Roma, presenziata dalle principali realtà, istituzionali e del volontariato, che operano nel sociale e, specificamente, nel campo dell’immigrazione. Non una cosa da alta uniforme, ma comunque un incontro ufficiale con Zingaretti e l’assessore Cecchini. Io stessa non brillavo, come al mio solito, per eleganza. Tailleur di lino Oviesse beige, maglietta dei Flinstones sui toni del grigio, calze, scarpe e borsa nera. Meditavo che per i miei standard mi sarei data la sufficienza, ma certo sono ben lontana dalla decenza nel mondo reale. Poi mi sono messa a guardare gli abbinamenti di colori delle colleghe (rappresentanti di comuni, municipi, circoli didattici, ASL, associazioni). Nella media, ahimè, io non sfiguravo affatto. Fatti salvi dei lodevoli esempi di sobrietà sul total black e qualche accostamento ardito ma non agghiacciante, il panorama generale avrebbe fatto svenire la mia guru Paola.
Ci sono molte concause, che tutte mi sono note, ma non mi ero mai soffermata a sviscerare.
1. Il primo dato di fatto è che la operatrice sociale raramente è una fotomodella. Il fisico è quel che è. Un po’ è così già in partenza (con qualche lodevole eccezione), un po’ concorre il punto 2.
2. L’operatrice sociale non si dedica ad alcuna forma di manutenzione del suo aspetto fisico. Un po’ concorre il punto 3, un po’ dipende da una visione della vita deformata da un malinteso spirito di sacrificio intriso di moralismo. Però c’è anche la stanchezza, fisica e morale, di un lavoro logorante, sproporzionato rispetto alle energie del singolo e poco remunerato economicamente (vedi punto 3) e in termini di prestigio sociale. Questa condizione alla lunga, ma anche alla corta, deprime profondamente e succhia energie.
3. Il budget. Quello concorre, certo. Le donne in sala, ad esempio, hanno evidentemente (come me) in pratica una sola borsa. Magari non ritengono prioritario comprarne altre (vedi punto 2), come non ritengono prioritario andare dal parrucchiere, tingersi i capelli anche in casa, truccarsi. Però c’è anche obiettivamente l’elemento che lo stipendio di un’operatrice sociale, mediamente, è da guinness dei primati quanto a bassezza.
Conclusione: il sociale dà, in media, una pessima immagine di sé. Specialmente il sociale territoriale, quello che opera davvero bene, quello che cambia ogni giorno la vita delle nostre comunità. I grandi marchi internazionali hanno tutto un altro appeal. Onore al merito. Emergency, Amnesty, MSF sono anche la loro immagina curata e la loro comunicazione. Ma davvero non si può fare nulla per migliorare, nel piccolo, questo devastante effetto di bruttezza? Credo che ci sarebbe bisogno di un’azione strategica di una come Paola per aiutare capillarmente a migliorare un po’ il proprio look, per il bene comune. E lo dico io, che sono la persona più refrattaria del mondo a queste cose. Magari quest’anno mi ci impegno un po’.
Sono d'accordo con te: ci sta il discorso sul budget, ci sta il discorso del fisico non meraviglioso, ma ci sono tanti modi per dare un'immagine migliore di sé.Il primo esempio che mi viene in mente è di giovedì sera: per la cena delle blogger, pantaloni Decathlon, Lacoste vecchia di 20 anni (sigh!), una felpa semplice e uno smalto deciso.Oppure, la mia maestra quando è "in borghese": jeans e maglioncino casual, ma una molletta particolare tra i capelli.Oltretutto, penso che chi opera nel sociale debba questa cura ai propri assistiti. Insomma: cercano di essere decorose le persone che stanno nei campi di accoglienza o i venditori sulle spiagge, perché una persona con uno stipendio (pur basso) non può mostrare maggiore cura di sé? Molti stranieri che conosco lo potrebbero anche considerare una mancanza di rispetto, un po' come quando i professori ordinari mi vengono a sollecitare dei rimborsi perché "sa com'è, già prendiamo poco…".Se invece una persona opera nelle famiglie in difficoltà, dare un'immagine positiva di sé può generare anche un desiderio di emulazione, di miglioramento.Detto questo, la migliore docente che ho avuto è una che si veste come una barbona e non si pettina mai. Ma si mette gioielli magari non sboroni ma bellissimi.
Oh, cielo! Mi sono immaginata la scena: tu che scruti gli abbinamenti delle colleghe e scuoti la testa, ripassando mentalmente le stylish classes!!!!!!!!allora: calcola che io tante borse, ma ne uso sempre una sola. o al massimo due. la mia preferita e' di pelle marrone e molto grande.poi … io mi vesto praticamente solo da zara, h&m e mercatini/negozi vintage ( io la chiamo la sacra triade ). per cui non spendo davvero tanto ( ogni tanto mi concedo qualche pezzo d' autore – tipo ultima borsa presa – ma anche li', credimi, riesco a spuntarla con poco ).poi ti diro', io ho lavorato con persone MILIONARIE ( scritto in maiuscolo ) che compravano pezzi da non so quanti euro ogni giorno ma … non avevano gusto e si vestivano davvero male.tutto questo per dirti che secondo me alla base non sta tanto il budget, quanto l' interesse che una persona pone in queste cose. pur non essendo in cima alla mia lista ( come forse puo' sembrare ), io ritengo che l' abbigliamento sia molto importante nel rapporto che abbiamo con gli altri proprio perche' e' un po' lo specchio della nostra personalita'.poi, essendo – per fortuna – degli specchi parlanti, abbiamo la possibilita' di dimostrare che siamo delle persone meravigliose, anche se vestite male. e viceversa ( e ripeto: per fortuna! altrimenti, con tutte le stangone che ci sono al mondo, non avremmo speranza! ).senti, che ne dici di organizzare un corso "di abbinamenti" per le persone che lavorano nel sociale? ovviamente utilizzando abiti usati e/o insegnando a vestirsi con gusto con quel che si ha.diffondi la voce??????un bacio! paola
Paola, sarebbe molto bello! C'è un grande pregiudizio sul tema, ma credo sul serio che sia una cosa importante. Dovremmo trovare una scusa, un pretesto, un'occasione. Ci penserò!
Anche io ho amici che lavorano nel sociale e confermo l'impressione.C'è un aspetto moralistico, un aspetto di decenza legato al fatto che mica ti puoi presentare agli homeless in Chanel e poi c'è la mancanza di allenamento del gusto.Si può anche andare a comprare delle belle magliette colorate (o neutre) da Decathlon, mettersi un pantalone scuro e una bella collana di bigiotteria e si è già in ordine. Il colore secondo me è fondamentale. Io personalmente, pur non essendo una perfettina, non apprezzo chi (m/f) va in giro con capelli poco puliti e o spettinati. Quello è gratis.M di MS
Eh eh lo noto anche io prima di tutto su me stessa.Mi piace vestirmi un po' bene ogni tanto, ma generalmente mi sento mille volte più a mio agio con jeans e birkenstock che non super carina alla moda..mi sento molto più me.Certo alla base c'é un pregiudizio mentale che mi fa ritenere superiore agli altri perchè non perdo tempo, soldi ed energie nei vestiti da comprare o abbinare.Poi c'é la questione budget ovviamente:come educatrice assistente a bambini disabili le ore di lavoro sono molte e la paga minimissima…e contando che ricevo dalle mie zie e cugine (stessa altezza e stessa taglia) tonnellate di loro vestiti usati, metto sempre quelli e non mi sbatto nemmeno a cercarne di altri più carini o nuovi.Sono pigra nel vestire!Ma effettivamente potrei fare qaulche sforzo in più anche io..ma mi scoraggio perchè penso che dovrei comprarmi un intero guardaroba nuovo x poter essere veramente decente (quello che ho ora é appunto tutto di roba usata)..!!Daniela- Ilcoltellodibanjas.blogspot.com
forse, l’atteggiamento giusto è l’abbigliamento “pensato”. anche con basso budget, anche con poche cose, magari non butto su a casaccio i colori..anche per i bambini vale la stessa cosa. Se compro una maglietta, mi viene abbastanza naturale pensare ache che cosa ho già per poterla abbinare. Detto questo, e con le dovute eccezzioni, trovo un po’ immorale scialacquare..e non sono neppure un’assistente sociale!
deborah