Ci scusiamo per il disagio arrecato

Chi mi conosce sa che non guido. Da anni compro con relativa soddisfazione l’abbonamento annuale dell’ATAC, economicamente alquanto conveniente. Roma, ammettiamolo, non è la capitale del mezzo pubblico. Traffico caotico, poca metro (“come buchi trovi qualcosa”), pochi tram. Alla macchina rinunciano in pochi, la bici è un atto eroico e una prestazione sportiva estrema adatta a pochi spericolati. Io sono abbastanza fortunata: il tram 8, salvo imprevisti, è uno dei pochi mezzi su cui si può contare.

L’apertura del tratto della metro B1, tra guasti, disservizi e catastrofica riorganizzazione dei mezzi di superficie che pare aver scontentato proprio tutti (un record), già era scaduta nella farsa. Un disastro conclamato. Anche la tratta Roma-Ostia Lido non brilla, come si evince anche dai pur volenterosi tweet di @Infoatac. A un panorama già non roseo, si è aggiunta l’estate. Sabato io e Meryem abbiamo percorso la tratta Monteverde-Casalotti in circa due ore e mezzo, di cui una e mezzo abbondante di attesa del passaggio dei due autobus necessari a raggiungere la meta. Stamattina ho scoperto che anche noi fortunati utenti dell’8 per le prossime settimane dobbiamo stringere i denti.

Ci vorrebbe la penna di un poeta epico per descrivere la bolgia di piazzale Biondo questa mattina alle 8:20. C’erano più autobus che sampietrini, tutti aggrovigliati ruota contro ruota in un perverso tangram. “La navetta sostitutiva parte dal centro della piazza”, ci aveva sbrigativamente detto l’autista del tram che ci aveva scaricato dopo una sola fermata da casa mia. Più correttamente avrebbe dovuto dire: buttatevi nella mischia, vi sfido a uscirne vivi. Dopo una decina di minuti di atletiche corsette qua e là, individuata finalmente la navetta, abbiamo percorso, pressati come sardine, tutto viale Trastevere. Velocità media: 400m/h. Superato ponte Garibaldi, l’autobus accelera improvvisamente, giusto per superare senza fermarsi la fermata davanti al Ministero della Giustizia. “Scusi, ha saltato la fermata!”, azzardano un paio di ministeriali. “No”, è la sintetica risposta. “Ma come no?”. “Qui non c’è fermata” “Ma scendiamo qui da dieci anni tutte le mattine” “Beh, oggi no”.

Questo scambio di battute è stato il più garbato e rispettoso del cliente a cui abbia assistito negli ultimi tre giorni. A qualunque richiesta di spiegazione, anche garbata e composta, in merito all’anomalia del servizio, ho visto allibita alcuni autisti ricorrere al turpiloquio, anche assai pesante. Il tutto avviene poco tempo dopo un aumento del 50%del prezzo del biglietto.

Cara ATAC, permettimi un paio di osservazioni. Passi (anche se è surreale) che a Roma non si possa assicurare un trasporto pubblico degno di questo nome. Passi (ma non dovrebbe) che colossali lavori come quelli della metro portino, in fin dei conti, a un servizio persino peggiorato. Ma io, da cittadina e abbonata annuale, pretenderei due cose. In primo luogo, la trasparenza. Potete assicurare solo una corsa ogni ora? Dichiaratelo prima. Mettete l’orario d’arrivo ben stampato a ogni fermata. Aggiornate poi su appositi cartelloni i tempi reali di arrivo, che possono evidentemente variare un po’ in considerazione del traffico. Ma che io aspetti un autobus un’ora e mezza e poi ne veda arrivare un altro appiccicato a quello su cui sono salita, in assenza pressoché completa di traffico, non lo capisco e sei tu, ATAC, a dovermi spiegare perché succede (non tanto di rado, peraltro), altrimenti io sono autorizzata a immaginare (malevola) che i due autisti fossero impegnati in una sfida di briscola in baretto adiacente a qualche assolato capolinea. La risposta dell’autista da noi interpellato sabato pomeriggio in tale circostanza, che non riporto per decenza, non può valere – evidentemente – come spiegazione.

E qui veniamo al punto due. Io capisco che la responsabilità di questo disastro non sia del singolo autista, che è stressato, vessato, nervoso, accaldato e importunato da molti utenti inviperiti a torto o a ragione. Ma non si può tollerare che un autista insulti, più o meno salacemente, un passeggero. Non è il ristorante “Checco alla Parolaccia” (che peraltro non mi ha mai attirato): non si paga per non avere il servizio e farsi anche prendere a male parole (il cui significato mi tocca poi, massimo della beffa, spiegare alla mia bambina di cinque anni, le cui orecchie funzionano più che bene). Spesso anche il mio lavoro è faticoso e frustrante. Ciò non toglie che se io, all’ennesima telefonata di richieste assurde che non posso soddisfare, rispondessi “ma vaff…”, sarei con ogni probabilità licenziata. Un certo decoro, da un servizio pubblico, lo pretendo. Il turpiloquio e l’aggressività non fanno mai folklore. Sarebbe il caso che lo ricordaste al vostro personale. Gradirei di più che investiste in questo, piuttosto che mandare Raffaella Fico a distribuire schedine ai passeggeri, per beneficenza – e, incidentalmente, per far vedere al mondo che è incinta (credete che stia scherzando? nossignore).

Dopo di che, potreste andare un po’ oltre. I lavori previsti e le variazioni del servizio, almeno agli abbonati annuali, potreste comunicarli per mail, con un po’ di preavviso. E, soprattutto, avete mai pensato, quando scrivete criptici cartelli tipo “la fermata è soppressa” o “la navetta ferma al civico 2” (delizia di qualsiasi turista non italofono), di rispolverare un’espressione abusata, ma comunque appropriata, come “ci scusiamo per il disagio arrecato”?

3 pensieri riguardo “Ci scusiamo per il disagio arrecato”

  1. Detto da una che frequenta le FS e che questa frase l’ha sentita ripetere, in certe stazione di cui non posso dire il nome tipo Parma, 10 volte in 10 minuti… Anche “ci scusiamo per il disagio arrecato” ti manda fuori dai gangheri. Vorresti solo un minimo di comportamento decente. Delle scuse non ti frega niente. Vorresti solo un briciolo di responsabilità civica e di rispetto. Io inizio a credere che sia il monopolio il male. Se ci fosse un minimo di concorrenza, forse le cose non andrebbero in questo modo. Mah.

    1. Forse hai ragione, Lorenza. Però ti assicuro che dopo questi ultimi tre giorni anche un semplice “siamo spiacenti” invece delle parolacce me lo sarei fatto bastare….

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