“Se potessi fare una magia, domani vorresti svegliarti a…”. Leggo distrattamente scrollando sulla timeline di Facebook questa frase, che sembra il titolo di un tema delle elementari. E io, dove vorrei svegliarmi domani?
Vorrei svegliarmi qui, credo, ma il desiderio lo formulerei in modo diverso. Il punto non è dove vorrei svegliarmi, ma piuttosto come. O al limite con chi.
Se potessi fare una magia, domani vorrei svegliarmi presa da quell’entusiasmo e eccitazione che provo quando succede qualcosa di bello, anche piccolo, che non mi aspetto. Con il sorriso che non riuscivo a togliermi dalla faccia ieri sera, perché mi sono arrivate in successione una serie di gioie in gran parte inaspettate e di momenti di bellezza.
Vorrei svegliarmi credendo a quello che diceva spesso padre Giovanni: il meglio deve ancora venire. Senza cinismo, senza amarezza, senza quella familiare convinzione che in fondo la mia giocata l’ho già fatta e che se mi è toccato un cinque faccio bene a stare, hai visto mai che riesca a evitare altri danni.
Perché non oso neanche formularlo del tutto questo desiderio, ma un po’ è vero. Con tutti i disclaimer del caso, con le formule scaramantiche e le mille condizionalità che non potrei non aggiungere, se potessi fare una magia, domani vorrei svegliarmi con qualcuno vicino.
Se potessi fare una magia vorrei svegliarmi nel 2000 ma con la consapevolezza di oggi, per poter rivivere e vivere meglio ciò che avevo e che poi avrei perso.