Mi ricordo che molti anni fa mio padre mi chiamò in camera sua e mi chiese di comprargli in libreria un libro di poesie di Kipling con il testo a fronte. Lui non parlava l’inglese, ma mi spiegò che una poesia l’aveva colpito in modo particolare e quindi voleva trovarne anche l’originale. Comprai per lui un Oscar Mondadori. La poesia era questa, famosissima.
Mio padre mi ha dato pochi insegnamenti espliciti. Un tipo tanto professorale e potente nei giudizi, eppure sempre assai restio a codificare a noi figlie qualcosa, a rendere in parole chiare e univoche ciò che voleva che cogliessimo di quello che credeva importante. Scherzava sul fatto che se uno è intelligente capisce tutto quello che deve capire da quando ha cinque anni (oddio, Meryem ne ha cinque e mezzo); quindi è inutile perdere tempo a insegnare tanto. Ma sto divagando.
Quella lettura di “Se” sul lettone, accanto a lui, mi è rimasta scolpita nell’anima come una cosa fondamentale, che prima o poi mi sarebbe tornata utile. Forse questo momento è arrivato. Non casualmente, qualche giorno fa, dovendo scegliere una citazione per una pubblicazione del Centro Astalli, mi sono tornati alla mente quei versi.
Se riesci a tenere la testa a posto quando tutti intorno a te
L’hanno persa e danno la colpa a te,
Se puoi avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te,
Ma prendi in considerazione anche i loro dubbi.
Se sai aspettare senza stancarti dell’attesa,
O essendo calunniato, non ricambiare con calunnie,
O essendo odiato, non dare spazio all’odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio….
Ieri pomeriggio le parole di Kipling sono risuonate forti in me e ho pensato che mi stavo comportando in modo del tutto diverso. In un modo che non mi faceva bene e non mi faceva onore.
Ma stasera non posso fare a meno di pensare che dovrei declamare questa poesia, a voce alta, a intervalli regolari.
Se riesci a sopportare di sentire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi,
O guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori…
Mi torna in mente un’altra sera con mio padre. Tornavo da una delle mie prime esperienze da scrutatrice. Lui mi aspettava guardando la tv sul divano del salone. Io ero sconvolta per la prima vittoria di Berlusconi. Non ricordo cosa ci siamo detti. Mi ricordo però che in quel momento ho ripensato a un’altra sera, prima di un esame, in cui mi sentivo male e lui mi aveva fatto bere un sorso di Cointreau e mi aveva fatto sdraiare con lui sul divano, sotto la sua coperta. Ecco, la sera di quello scrutinio ho desiderato che facesse la stessa cosa, che mi consolasse.
Se puoi fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
E perdere, e ricominciare dal principio
e non dire mai una parola sulla tua perdita.
Se sai costringere il tuo cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tenere duro quando in te non c’è più nulla
Tranne la Volontà che dice loro: “Tenete duro!”
Cavolo, se ho perso tutto, nella mia vita. Almeno quattro volte, forse un po’ di più. Ma so costringere il mio cuore, i miei tendini e i miei nervi a tenere duro? No, in questo non sono tanto brava. Né per le cose piccole, né per quelle grandi. Il mio massimo successo è seppellire, tenere a bada, in un angolo oscuro del mio cuore.
Se non possono ferirti né i nemici né gli amici affettuosi,
Se per te ogni persona conta, ma nessuno troppo….
Ecco, stasera questo è il verso più difficile. Sono pluriferita. E, ciò nonostante, credo profondamente che si debba “riempire ogni inesorabile minuto / Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi”. Forse questa è l’indicazione buona per trovare la strada in questo sconforto.
Amore mio, ma per fortuna non sei un uomo, e sicuramente non uno di quelli stiff upper lip che poi morivano stroncati da un cuore spezzato.