Ieri ho scritto una decina di bozze di post di commento di questi risultati elettorali. Stanotte meditavo di spostare il discorso su un altro tema, più alto (Dio solo sa quanto bisogno di altezza sento in questi giorni). Però sono anche arrivata alla conclusione che io oggi sono troppo …. (non saprei, completate voi: arrabbiata? depressa? delusa? ci vorrebbe una parola molto più forte, che le comprenda tutte) per pensare e scrivere qualcosa di alto.
E allora me la cavo con una citazione lunga. E’ un testo del 1995. L’ho leggermente sintetizzato, eliminando qualche passaggio tecnico. Ovviamente, essendo un documento di gesuiti per gesuiti, non lo condivido al 100% in alcuni passaggi. Ma se ci fosse un partito che ha questo testo come programma, lo voterei con molti meno sospiri di quanto non abbia fatto domenica scorsa.
Buona lettura.
La lotta per la giustizia ha un carattere storico progressivo, che si manifesta gradualmente nell’impatto con i bisogni mutevoli di culture, epoche e popoli particolari. Le Congregazioni precedenti hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di lavorare per il cambiamento delle strutture in campo socioeconomico e politico , quale dimensione importante della promozione della giustizia. Esse ci hanno inoltre impegnati a lavorare per la pace e per la riconciliazione attraverso la non violenza; a lavorare per abolire ogni discriminazione contro le persone, basata sulla razza, la religione, il sesso, l’appartenenza etnica o la classe sociale; a lavorare contro la povertà e la fame crescenti, mentre la prosperità materiale si concentra sempre più nelle mani di pochi .
In tempi recenti ci siamo resi sempre più conto di altre dimensioni della lotta per la giustizia . Il rispetto per la dignità della persona umana sta al fondo della crescente presa di coscienza internazionale dell’ampia gamma dei diritti umani. Questi includono: diritti economici e sociali, quanto alle necessità di base per una vita in condizioni degne; diritti personali, quali la libertà di coscienza e di espressione, e il diritto di praticare e di condividere la propria fede; diritti civili e politici a partecipare pienamente e in libertà al processo della vita nella società; diritti allo sviluppo, alla pace e a un ambiente naturale sano. Essendo le persone e le comunità strettamente in rapporto tra loro , importanti analogie sussistono tra i diritti delle persone e quelli che vengono talvolta chiamati i “diritti dei popoli”, come l’integrità e la salvaguardia culturale, il controllo del proprio destino e delle proprie risorse.
Nel nostro tempo vi è una crescente coscienza della interdipendenza di tutti i popoli circa una comune eredità. La globalizzazione dell’economia mondiale e della società avanza a grandi passi, alimentata dagli sviluppi tecnologici, dalle comunicazioni e dagli affari. Benché tale fatto possa apportare molti benefici, può comportare però anche un massiccio accrescimento di ingiustizie. Per esempio: programmi di aggiustamenti economici e forze di mercato che non si curano affatto delle loro ripercussioni sociali, soprattutto sui più poveri; la “modernizzazione” omogenea di culture in modi che distruggono queste e i valori tradizionali; una disuguaglianza crescente tra nazioni e, nelle stesse nazioni, tra ricchi e poveri, tra potenti e marginalizzati. Con giustizia, noi dobbiamo contrastare tutto ciò, lavorando alla costruzione di un ordine mondiale di vera solidarietà, in cui tutti possano avere, come è loro diritto, un posto al banchetto del Regno .
La vita umana, dono di Dio, deve essere rispettata dai suoi inizi sino alla propria fine naturale. Noi ci troviamo sempre più di fronte ad una “cultura di morte”, che spinge all’aborto, al suicidio e all’eutanasia, alla guerra e al terrorismo, alla violenza e alla pena capitale come vie per risolvere i problemi, alla consumazione di droghe, prescindendo poi dal dramma umano della fame, dell’aids e della povertà. Dobbiamo invece incoraggiare una “cultura di vita”. Questo, se davvero ci si prova a farlo, comporta: promuovere soluzioni alternative – realistiche e moralmente accettabili – all’aborto e all’eutanasia; sviluppare con attenzione un contesto etico per la sperimentazione medica e l’ingegneria genetica; lavorare per distogliere le risorse dalla guerra e dal traffico internazionale di armi, a favore dei bisogni dei poveri; creare possibilità che aprano la vita delle persone alla significatività e alla capacità di impegno, anziché all’anomia e alla disperazione.
Il desiderio di preservare l’integrità della creazione è implicito nell’attenzione sempre maggiore verso l’ambiente naturale . L’equilibrio ecologico e un impiego ragionevole ed equo delle risorse del mondo sono elementi importanti di giustizia a favore di tutte le comunità del nostro “villaggio globale” odierno e concernono anche le generazioni future, che erediteranno quanto abbiamo loro lasciato. Lo sfruttamento senza scrupoli delle risorse naturali e dell’ambiente naturale degrada la qualità della vita, distrugge le culture e sprofonda i poveri nella miseria. È necessario, da parte nostra, promuovere atteggiamenti e linee di condotta che generino relazioni responsabili con l’ambiente naturale in cui viviamo e del quale non siamo che gli amministratori.
La nostra esperienza degli ultimi decenni ci ha dimostrato che il cambiamento sociale non consiste soltanto nella trasformazione delle strutture economiche e politiche, dato che tali strutture sono esse stesse radicate in valori e atteggiamenti socio-culturali. La piena liberazione umana, per il povero e per tutti noi, suppone lo sviluppo di comunità di solidarietà – sia di base e a livello non-governativo, sia a livello politico – in cui tutti si possa lavorare insieme per uno sviluppo umano integrale ; tutto ciò nel dinamismo di un accettabile e rispettoso rapporto tra i diversi popoli, le differenti culture, l’ambiente naturale e il Dio che vive in mezzo a noi.
Situazioni urgenti
La marginalizzazione dell’Africa nel “nuovo ordine mondiale” fa di questo intero continente il paradigma di tutti gli emarginati della terra. Trenta dei Paesi più poveri del mondo si trovano in Africa. I due terzi dei rifugiati del pianeta sono africani. La schiavitù, la colonizzazione e il neo-colonialismo, i problemi interni di rivalità etniche e la corruzione hanno creato in questo continente un “oceano di sventure”. C’è però anche molta vitalità e grande coraggio nel popolo africano, che lotta insieme per preparare un avvenire a coloro che arriveranno dopo.
La caduta recente dei sistemi totalitari nell’Europa dell’Est ha lasciato dietro di sé rovine in tutti i campi della vita umana e sociale. La gente è messa di fronte a compiti difficili di ricostruzione di un ordine sociale che permetta a tutti di vivere in una comunità autentica, lavorando per il bene comune e rendendosi responsabili del proprio destino. Nel passato, molte persone hanno dato una notevole testimonianza di solidarietà, fedeltà e resistenza. Ora essi hanno bisogno della cooperazione e dell’assistenza fraterna della comunità internazionale nella loro lotta per un avvenire di sicurezza e di pace.
I popoli indigeni, in molte parti del mondo, isolati e relegati a ruoli marginali, vedono la loro identità, la loro eredità culturale e il loro ambiente naturale di vita minacciati. Altri gruppi sociali – come ad esempio i Dalits, considerati “intoccabili” in alcune zone dell’Asia meridionale – soffrono di una pesante discriminazione sociale, nella società civile e anche ecclesiale.
In molte parti del mondo, anche nei Paesi più sviluppati, forze economiche e sociali escludono milioni di persone dai benefici della società. Disoccupati in permanenza, giovani senza alcuna possibilità di impiego, fanciulli sfruttati e abbandonati nelle strade, vecchi soli e senza protezione sociale, ex-carcerati, tossicomani e malati di AIDS: tutti costoro sono condannati a una vita di desolante povertà, marginalizzazione sociale e precarietà culturale.
Al momento attuale ci sono nel nostro mondo più di 45 milioni di rifugiati e di profughi, di cui l’80% sono donne e bambini. Ospitati spesso nei paesi più poveri, essi devono affrontare un impoverimento crescente, la perdita del senso della vita e della cultura, con il venir meno della speranza, anzi, con la disperazione che ne consegue.