Riparare il mondo

C’è un concetto della cultura ebraica che mi ha sempre colpito, pur nella mia conoscenza piuttosto superficiale (mi scuso fin d’ora per la mia approssimazione, magari qualcuno dei miei lettori nei commenti può integrare e correggere): il tiqqun ‘olam. L’idea, in parole fin troppo povere, è che la creazione del mondo non è esclusiva responsabilità del Creatore, ma che va in qualche misura completata dagli uomini, riparando quello che nel mondo, abbastanza vistosamente, non funziona.

Questa immagine ha sempre colpito la mia immaginazione, per diverse ragioni. E’ bella l’idea che quello che non va non sia una corruzione irrimediabile di una perfezione perduta, ma un non ancora su cui abbiamo voce in capitolo. Soprattutto mi piace il concetto che ciascuno possa e debba fare qualcosa per il bene collettivo, globale, senza per questo essere o sentirsi un supereroe.

Troppe volte, quando racconto sommariamente che lavoro faccio, mi trovo davanti a reazioni di ammirazione che mi imbarazzano molto. In primo luogo il mio è, appunto, un lavoro. Per la mia vita, ovviamente, non è solo un modo per guadagnarmi lo stipendio. Lo faccio con passione, con convinzione. Credo molto nella missione della mia organizzazione, il JRS, soprattutto perché non fa “carità”, ma promozione della giustizia (che poi è un modo cattolico di vedere il tiqqun ‘olam di cui sopra). Noi non ci spendiamo per i diritti dei rifugiati perché “siamo buoni”, ma perché crediamo che sia giusto.

Io, personalmente, credo che nello sfacelo che la mia vita è, da molti punti di vista, svolgere questo lavoro sia in questo momento il pezzettino che devo contribuire a rammendare per la riparazione del mondo. Qui mi ha portato la sorte, qui posso spendere le cose che so fare. Ma credo che non sia necessario lavorare in una ONG per fare questo. Credo che molte persone abbiano nel lavoro l’opportunità di fare giustizia, nel loro piccolo. Il pensiero corre agli insegnanti, ai giornalisti, ai medici, ma anche agli infermieri, agli operatori di sportello, agli impiegati… Fare con coscienza il nostro compito, rammendare il pezzo che è alla nostra portata, è alla fin fine niente di più e niente di meno che fare quello che ci è proprio, in quanto esseri umani. Gli eroi lasciamoli nei fumetti (e nei film americani).

Post scriptum
A proposito di tiqqun ‘olam: vi consiglio di leggere il romanzo di Myla Goldberg, Bee Season. La traduzione italiana non si trova e ne hanno tratto un film con Richard Gere e Juliette Binoche, Parole d’amore, che mi ha incuriosito e spinto a cercare il romanzo per leggerlo. Il romanzo è molto meglio, più complesso e interessante.

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