Tante e tante volte ho cercato di rispondere a questa domanda, reale o retorica che fosse, nei più diversi contesti. Stamattina, in ufficio, “i rifugiati” hanno preso le sembianze di una bimba di circa tre anni. Fiocchetti rosa nei capelli, jeans scuri, sguardo serio. Saliva le scale, verso il bagno. I gradini sono ripidi, chi è stato nel mio ufficio lo sa. Ha rischiato di inciampare e sua mamma l’ha sorretta. Più tardi mi ha fatto ciao con la mano e mi ha anche sorriso rapidamente.
Anche lei, bambina esattamente uguale alla mia, è “rifugiati”. Quando Papa Francesco, martedì 10 settembre, verrà ad incontrare i rifugiati, incontrerà anche lei. Ma ricordiamoci anche che quando si ripete la formula stantia (ma sempre attuale) “mica si può accogliere tutti”, ci riferiamo anche a lei. Quando parliamo di “emergenza”, parliamo anche di lei. Si dovrebbe sempre riflettere prima di parlare.
Mi ricordo esattamente il giorno in cui – per entrare in italia – è diventato obbligatorio richiedere il permesso di soggiorno, e ricordo di aver pensato “è il primo passo della morte della democrazia e della civiltà”; il secondo pensiero è stato “cosa succederà a tutte quelle persone che sono costrette a scappare dal loro paese per motivi politici o religiosi?”…
ecco, quello che succede oggi – in italia – a queste persone (che adesso chiamiamo “rifugiati”) non mi piace per niente: trovo che sia ingiusto e immorale – adulti o bambini che siano – scappare da un inferno e ritrovarsi in un limbo…
chiara